Quando sono diventata vegana 15 anni fa l’ho fatto perché non volevo che la mia vita causasse la morte di altri esseri senzienti. Una volta scoperto che anche il sistema di produzione di latte e uova si basa sull’uccisione di Animali per poter funzionare, la scelta era fatta.
Come tutto è cominciato
Non volevo causare la morte, o almeno così pensavo, ma indagando più a fondo nel mio animo ho capito che non era solo il non causare morte quello che mi spingeva: quello che mi spingeva era più grande, era il desiderio di libertà. Non un desiderio di libertà che finisce con la mia persona ma un desiderio di libertà collettiva. Per creare un mondo in cui tutti possano essere liberi, tuttavia, le riflessioni da fare sono molte di più del non comprare prodotti di origine animale e non testati su Animali. Per esempio, mi sono trovata a fare i conti con il fatto che gli Animali stiano morendo anche per i contenitori delle cose che acquistiamo, fatti spesso di plastica. Qualche tempo fa a Porto Cervo hanno trovato una femmina di Capodoglio morta: nella pancia aveva 22 kg di plastica. E un feto.
Il problema dei rifiuti e del riciclo
La plastica crea problematiche enormi e no, purtroppo non basta fare la differenziata. Intanto perché poche tipologie di plastica sono effettivamente riciclabili, anzi dovrei dire deciclabili, perché nel processo di riciclo viene creato un materiale di minor qualità e con usi più limitati, consumando tantissime risorse ed energia, e al momento poche aziende sono disposte a pagare di più per utilizzare materiale riciclato. E poi perché tra corruzione e mafie non sai mai dove veramente finisce quello che butti.
Qualche giorno fa, guardando il documentario “The E-waste tragedy” sulla problematica dei rifiuti elettronici, ho appreso che la corruzione è tanto in Uk quanto in Ghana. Infatti è dalla Gran Bretagna che arrivavano i rifiuti elettronici trovati in una discarica del Ghana. Esportare rifiuti elettronici è vietato, ma nonostante normative che richiedono continue firme e timbri ad ogni passaggio i rifiuti elettronici finiscono comunque dove non dovrebbero. Grazie a mazzette lungo tutta la tratta. Di solito la destinazione è qualche posto del mondo in cui persone disperate (spesso bambini), pur di tentare di sopravvivere, accettano di fare senza protezioni lavori che li mettono in pericolo.
Finché non cambierà il nostro collegamento con la biosfera e con i suoi abitanti, il piccolo interesse personale causato da disperazione o avidità avrà sempre la meglio. Quando parlo di plastica non pensate solo al flacone del detersivo o alla malefica bottiglia d’acqua, pensate anche ai vestiti, quelli che guardando l’etichetta mi facevano fare un sospiro di sollievo, solo qualche anno fa. Quelli che per tanti anni ho ritenuto non cruenti, fatti di fibre sintetiche che però vengono disperse ad ogni lavaggio in lavatrice, contribuendo a rendere i mari una zuppa di plastica pericolosissima e mettendo in pericolo in primis la vita di chi nel mare ci abita.
La soluzione: non produrre rifiuti, zero waste
Questa ed altre riflessioni mi hanno portata a scegliere uno stile di vita zero waste: cercare di non produrre rifiuti con le mie scelte quotidiane, o andarci il più vicino possibile.
Ma quando capisci che il primo passo per non produrre rifiuti è rifiutare di alimentare un sistema consumista che estrae risorse continuamente, sia come materia prima sia come combustibile energetico (e questa parte da sola causa danni terribili alla vita degli ecosistemi), sfrutta lavoro di esseri umani (leggi schiavizza) e produce rifiuti che distruggono direttamente e indirettamente la vita, non hai alternative che allargare lo sguardo e ripensare a tutto il tuo stile di vita.
Su questo piccolo pianeta tutto è collegato, non possiamo pensare di non uccidere Animali, ma farli morire in un ambiente distrutto dal nostro egocentrismo. Se essere vegani è imprescindibile per non commissionare l’uccisione di esseri senzienti, non è però sufficiente per non essere oppressori inconsapevoli.
La banalità del male passa anche da una bottiglia d’acqua in plastica comprata con noncuranza, o da una cicca di sigaretta buttata per terra. Le cicche di sigaretta sono il rifiuto riconoscibile più numeroso nei mari (in numero non in peso, per peso sembra che siano le reti da pesca e materiali da pesca abbandonati dai “gentili” pescatori) e non vengono certo solo dalle spiagge o dalle barche, ma dai nostri tombini in città. Ma gli Animali non muoiono per i rifiuti solo nel mare, muoiono anche sulla terraferma, come succede per esempio alle Mucche che muoiono in India con la pancia piena di plastica.
Agire in prima persona
I miei racconti in questo spazio virtuale hanno questa radice, questa motivazione profonda, ma le scelte di cui racconterò saranno piccole, quotidiane, niente per cui serva essere supereroi o supereroine. Niente per cui ci sia da aspettare decisioni dall’alto, almeno per iniziare. Come per la scelta vegan si tratta di agire in prima persona. In pratica “occorre vivere più semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere” come dice l’economista Ernst Friedrich Schumacher. Dopo aver fatto tutto il possibile (che è molto più di quello che pensiamo) e dopo aver “rotto le scatole” per far modificare le normative che agevolano pratiche nocive, possiamo permetterci il lusso di sperare di cavarcela noi e gli altri Animali.
Non ho titoli accademici da mostrare, posso solo condividere la mia esperienza, le mie sperimentazioni e le informazioni che ho raccolto durante il mio cammino. Parlerò di ecominimalismo, del comprare usato, sfuso, locale e biologico o recuperare quello che viene buttato dal sistema consumista senza finanziarlo.
Della necessità di ripensare al nostro modo di gestire le risorse, anche quelle nella nostra cucina. Del perché non basta che un cibo sia vegetale perché sia cruelty free. Di quanto sia importante riflettere sui mezzi che usiamo per spostarci e su con che frequenza lo facciamo.
Primo passo: bere acqua del rubinetto
Lo dichiaro fin da ora, sono uno stimolante e non un calmante: voglio ampliare un po’ lo spazio del possibile raccontandovi la mia esperienza e farvi sentire l’urgenza di ripensare alle nostre azioni quotidiane. A causa del nostro stile di vita stiamo andando a vele spiegate verso la sesta estinzione di massa e questa volta oltre ad un’infinità di altri meravigliosi esseri senzienti (si parla di 200 specie estinte al giorno) potrebbe toccare anche a noi Umani, grazie alla sindrome di superiorità ed egocentrismo che ci affligge e che determina le nostre azioni.
Purtroppo la spinta al cambiamento viene dal sentirci scomodi, quindi il mio scopo dichiarato è farvi sentire scomodi per stimolarvi a camminare insieme verso un mondo migliore per tutti. Che ne dite come primo passo di cominciando a bere acqua del rubinetto (la maggior parte dei comuni italiani ha acqua potabile e buona, verificate col vostro comune) invece che acquistare acqua in bottiglia? Fuori casa basta portarsi una borraccia (cercandola prima usata) o una bottiglia di recupero di vetro che trovate in casa. Buon cammino!
Per approfondire: National Geographic, Greenpeace.
Beatrice Di Cesare
Progetto Vivere Vegan