È possibile essere vegani anche nella professione? Il violinista Davide Amodio ci racconta della sua ricerca per conciliare e diffondere il veganismo anche nella musica: da antichi trattati che parlano di corde di metallo già dal 1619; oppure della possibilità di usare archi con crini sintetici invece di quelli presi dalle code dei cavalli, grazie a nuove tecnologie sperimentali.
Mi sono reso conto, da quando ho deciso di diventare vegano circa cinque anni fa, che uno dei principali problemi dell’umanità è la mancanza di una adeguata informazione, su tutto. È all’incirca dal 1990 che sono vegetariano ma soltanto da quando nel 2016 sono entrato nel mondo vegano che ho sentito, non credo di esagerare, di uscire da una specie di ipnosi di massa; un po’ come è stato raccontato e rappresentato nel primo film di Matrix. Mi sono accorto che non solo il cibo, ma moltissimi nostri utensili quotidiani, oggetti comunissimi, sono in realtà parte di corpi una volta viventi e uccisi per una necessità solo apparente. Per cui a poco a poco ho cominciato, dopo aver rivoluzionato ancora una volta il cibo, a sostituire anche gli “oggetti” di provenienza animale.
La musica e il vegetariano
Sono violinista da cinquant’anni e ho avuto la fortuna di girare molto per i concerti. Dal 1991 al 1998 lavoravo regolarmente a Parigi e lì andavo in un ristorante a pochi passi dall’Opera Garnier. Allora, da vegetariano, cercavo, in tutti i luoghi in cui mi trovavo per lavoro, ristoranti che mi potessero dare dei pasti vegetariani. Avevo anche la guida Paris Bio che mi permetteva di trovare in ogni quartiere di Parigi il ristorante più vicino che assicurasse alimenti biologici, allora era difficile trovarli. In quei ristoranti in genere l’offerta vegetariana era assicurata. In quel ristorante vicino all’Opera, di cui dicevo, si trovava non solo cibo vegetariano ma completamente vegano. Io però non lo sapevo, e non sapevo neanche che esistesse il veganesimo… andavo lì unicamente perché era uno dei pochi ristoranti in cui trovavi l’olio di oliva sul tavolo e inoltre con un biglietto di ingresso, molto vantaggioso, potevi mangiare a buffet e a volontà, tutto quello che trovavi: buono e vegetale al 100 %. Da nessuna parte era scritto “vegan” e dentro, all’ingresso, c’era anche un negozio che vendeva yogurt e alimenti caseari, tra le altre cose; infatti lo chiamavamo semplicemente: “il vegetariano”.
Il modo antico di suonare con le corde di budello
Proprio dal 1990 ho cominciato la mia specializzazione in musica antica, che comunque praticavo occasionalmente dal 1978. Dico questo perché una delle caratteristiche di questa specializzazione sta nel ritrovare il modo antico di suonare e di rimettere lo strumento nella sua forma originale. Tra queste cose c’è l’utilizzo delle corde in budello cosiddetto nudo cioè non rivestite da materiali metallici o minerali, proveniente dai montoni (alcune varietà di queste corde, piuttosto recenti, sono tratte dal budello di Agnello che però non ho mai usato).
Moltissimi strumentisti ad arco, quasi la totalità direi, usa attualmente corde in budello rivestito, di metallo o di argento, per avere l’elasticità del budello e la risonanza del metallo assieme. Nella musica antica invece, da subito, da quando cioè sul finire degli anni ‘Settanta del secolo scorso sono cominciati i primi esperimenti sistematici, si è ripreso l’uso delle corde in budello nudo; dapprima la corda più acuta e poi le prime due. Poi si è ripreso ad usare archi di foggia diversa, secondo l’epoca e l’area geografica dei compositori antichi.
Soprattutto la prassi esecutiva ha cominciato a cambiare moltissimo seguendo le ricerche lunghe e approfondite dei primi pionieri, che negli anni Settanta erano quasi tutti olandesi. Mi sono appassionato molto a questa ricerca e credo che la gran parte di quello che so di musica e di quello che ho capito di essa, deriva proprio da questi studi e da queste esperienze condivise con i colleghi di tutto il mondo. Ho usato dunque, ahimé, per circa trent’anni le corde in budello nudo, e non solo le prime due ma le prime tre, erano in pochi a farlo, e per suonare tutta la musica anche quella del Novecento e Contemporanea.
Credevo, come molti, che l’utilizzo del budello per le corde avesse quasi un merito di rendere meno vano la morte dell’animale dando valore anche a quelle cose che si considerano scarti. Adesso mi rendo conto di quanto fosse vano quel pensiero. Le corde in budello nudo si sono usate abitualmente sino agli anni Venti del Novecento, poi con lo sviluppo delle industrie, le corde in metallo e, come dicevo, in doppio materiale, metallo e budello, si sono diffuse sempre di più sino a soppiantare completamente il budello. Oggi sono diffuse anche molto le corde sintetiche e di svariati materiali non organici. Tuttavia, nel mondo della musica antica, e in tutto quell’ambiente in cui si usa dire: “suonare filologico”, o “con gli strumenti originali”, si è sempre più diffuso l’obbligo, direi, di avere almeno una corda in budello nudo, rispetto a tante altre cose ben più importanti e fondamentali (che qui non specifico per non entrare in lunghi tecnicismi).
La grande contraddizione, che si è via via diffusa nell’ambiente, è che si usano strumenti che non differiscono in nulla da quelli moderni tranne che nell’unica corda in budello nudo che salva, per così dire, la faccia e autorizza a dire: siamo filologici! Naturalmente nelle esecuzioni vi si troveranno anche un minimo di articolazioni musicali ormai standardizzate che daranno il tocco complessivo per cui chi ascolta troverà l’illusione di una storicità filologica apparentemente garantita.
La scoperta dell’uso delle corde in metallo
Ebbene solo pochi anni fa ho scoperto che in un trattato del 1619 si parla di violinisti che usano le corde in metallo il cui suono è molto più dolce di quello in budello! Questo mi ha spinto a fare il grande passo di abbandonare l’insano e inutile uso di questo tipo di corde e di scoprire la morbidezza e la duttilità delle corde in metallo, buone per tutti i tipi di musica.
Credo che queste notizie storiche e documentate, potrebbero essere di aiuto per quei musicisti, strumentisti ad arco, che hanno intrapreso la professione nella musica antica ma che non riescono a combinare armoniosamente il loro veganesimo con le esigenze professionali. Adesso si può!
E i crini di cavallo dell’arco?
Tuttavia vi era ancora un gradino da superare che era quello dei crini dell’arco che provengono dalla coda del cavallo. Ho trovato, dopo lungo cercare, una ditta familiare in Inghilterra che produce crini sintetici. Occorre ancora perfezionarli in alcuni aspetti, ma sono già molto buoni e soprattutto durano molto di più.
Il disco
Mi è sembrato dunque un buon progetto mostrare in un disco quanto sia possibile suonare morbidamente con le corde in metallo, condividere con un collega chitarrista, con le sue corde sintetiche, questa esperienza usando il violino con la postura che si usava nel XVIII secolo, con una accordatura di quel tempo e soprattutto con una attitudine musicale vicina all’improvvisazione così in uso a quel tempo. Tutto questo però con una musica del nostro tempo, i tanghi di Piazzolla che sono stati però completamente adattati da noi ai nostri strumenti e soprattutto alla nostra personale interpretazione che è intervenuta, spesso non solo nel modo di suonare ma anche nella struttura stessa delle composizioni. Questo sistema di interpretazione, di intervento massiccio sul testo, è molto più fedele al testo stesso di quanto una pedissequa lettura delle note possa fare, ma questa è un’altra storia…
Aggiungo in conclusione che ho chiesto al collega di mangiare vegano nei tre giorni di registrazione del disco, per mia personale soddisfazione di poter condividere pienamente questa esperienza. Non credevo che l’amico e collega si prestasse con così assoluta osservanza dell’impegno, al punto che si è sentito talmente meglio da desiderare di continuare!
Il disco uscirà a breve. In questo momento siamo impegnati nel lavoro di postproduzione che è altrettanto appassionante.
Qui il video di presentazione del disco per ascoltare un’anteprima: VAI AL VIDEO
Davide Amodio
Progetto Vivere Vegan