Possiamo salvare il mondo, prima di cena
L’ultimo libro di Jonathan Safran Foer, la fine del mondo e un barlume di speranza
Quando surfando in rete ho scoperto che il 10 settembre Jonathan Safran Foer avrebbe aperto il pre-Salone del Libro di Torino presentando il suo ultimo lavoro, in anticipo perfino sull’uscita americana, sono andata a Torino. Dato che i posti non riservati a stampa, case editrici, circolo dei lettori e raccomandati erano molto limitati, l’ingresso all’Aula Magna della Cavallerizza non era garantito; per questo alle 15,30 ero fra i primi della fila, così dopo due ore e mezzo in piedi sotto la pioggia mi sono aggiudicata un ottimo posto.
Paolo Giordano ha presentato e poi conversato con Safran Foer per un paio d’ore intelligenti e frizzanti. Ma nonostante la simpatia di questi ospiti, non è stato facile tornare a casa e dormire sonni tranquilli… I cambiamenti climatici – questo il tema del libro e della conferenza – ci sono, ci saranno, e il mondo finirà. L’unico barlume di speranza è che diventiamo – tutti – un po’ più intelligenti e collaborativi. E questo non mi fa dormire tranquilla, perché mi sembra di non fare mai abbastanza: sono dunque la lettrice ideale di Possiamo salvare il mondo, prima di cena, perché come il suo autore mi piace predicare ma ho qualche difficoltà a mettere in pratica.
Un libro per onnivori, vegetariani, vegani, ambientalisti, ecologisti della domenica, insomma per tutti
Il libro non è un’apologia del veganismo, anzi. Safran Foer confessa che nei momenti di sconforto l’unica cosa che lo fa star meglio è la carne, anche solo pensarla! E riflette: “Come faccio a promuovere un cambiamento radicale, come faccio a crescere i miei figli vegetariani, se poi mangio carne alla ricerca di conforto? […] Anche mentre lavoravo a questo libro e il mio impegno a favore del vegetarianismo – nato a partire dalla questione del benessere degli animali – si radicava ulteriormente grazie a una piena consapevolezza delle conseguenze per l’ambiente, è passato di rado un giorno senza che avessi voglia di carne.” Ma “affrontare la mia ipocrisia mi ha ricordato quanto sia difficile vivere – o anche solo cercare di vivere – con gli occhi aperti.” E, conclude, “mangiare in modo consapevole sarà uno degli sforzi che misureranno e definiranno la mia vita” perché “non possiamo vivere la nostra vita come se fosse solo nostra: le vite che noi viviamo creeranno un futuro che non potrà essere annullato” (pp.78-81).
Come nasce un libro
Quando ha chiesto il perché di questo libro, Giordano ha commentato le sue stesse parole dicendo che questa non è una domanda intelligente da fare a uno scrittore, soprattutto da parte di un altro scrittore, perché entrambi sanno bene che l’argomento di un libro non si sceglie e non è necessariamente dettato dalle circostanze (per dire, non è che durante la guerra tutti gli scrittori narrano la guerra). Safran Foer ha confermato, dicendo che tutti i suoi libri nascono più che altro da una sensazione di “troppo pieno”: quando non ce la fa più a trattenere pensieri, riflessioni, paure, bisogni, scrive, perché è questo che lui sa fare. E noi, che sappiamo leggere, dobbiamo leggere, e poi fare qualcosa. Per esempio qualcosa che possiamo fare tutti, noi che leggiamo, scriviamo, andiamo al cinema, e soprattutto mangiamo tre volte al giorno: possiamo “contribuire immediatamente all’inversione del cambiamento climatico” (p.112), semplicemente modificando il carrello della spesa.
Disinnescare la bomba
“Cambiare il nostro modo di mangiare non sarà sufficiente di per sé a salvare il pianeta, ma non possiamo salvare il pianeta senza cambiare il nostro modo di mangiare” (p.110). Mentre Se niente importa era nato dal bisogno di dar voce agli animali sfruttati, maltrattati, macellati per soddisfare i nostri palati, Possiamo salvare il mondo, prima di cena è nato dal bisogno di fare qualcosa di concreto per il nostro futuro, sempre che ce ne sia uno. “Quando si parla di carne, latticini e uova la gente si mette sulla difensiva. Si infastidisce. A parte i vegani, nessuno muore dalla voglia di affrontare l’argomento, e il fatto che i vegani ne abbiano voglia costituisce un ulteriore disincentivo. Ma non abbiamo nessuna speranza di contrastare i cambiamenti climatici se non possiamo parlare seriamente delle cause che li provocano […]
Lungi dal rivolgersi ai vegani, dunque, questo libro si rivolge a tutti. Safran Foer ha trovato una possibile strada: “La tesi di questo libro è che serve un’azione collettiva per cambiare il nostro modo di mangiare – nello specifico, niente prodotti di origine animale prima di cena. Cambiare il nostro modo di mangiare” (p.76) … è probabilmente l’azione più importante che un singolo individuo può compiere per invertire la rotta del riscaldamento globale … e, fatto collettivamente, avrebbe un impatto culturale e commerciale superiore a qualunque manifestazione” (p.167). Già, le manifestazioni, le marce, gli scioperi… Possiamo aspettare che ci pensino Bolsonaro o Trump, o Beppe Grillo, o possiamo cominciare noi, perché “mentre la crisi del pianeta si dispiega in tutta una serie di emergenze, le nostre decisioni riveleranno chi siamo” (p.35).
Se voleva farmi paura, ci è riuscito!
Questo libro va molto oltre le quasi 300 pagine che lo costituiscono, perché gli spunti di riflessione sono talmente tanti che qualunque cosa faccia, qualunque persona incontri, qualunque azione compia mi obbliga a ripensare alle statistiche, allo sfacelo che Safran Foer mi ha messo davanti. A partire dal fatto che “ogni giorno nascono 360.000 persone, che equivalgono all’incirca alla popolazione di Firenze” (p.94) e che dovranno nutrirsi e poi occuparsi di noi vecchi e poi arrangiarsi sulle macerie che gli stiamo lasciando. O anche dal fatto che chi muore a causa dei cambiamenti climatici raramente ne è la causa (p.208).
Ma la reazione più forte che mi ha suscitato questo ingozzamento ambientalista credo di averla avuta a pagina 89, dove si parla di temperature: ai tempi dei mammut, durante l’era glaciale (fra i 100.000 e i 10.000 anni fa), la temperatura media globale era 4-7° meno di oggi; 50 milioni di anni fa invece ai poli c’erano le foreste tropicali, e la temperatura media globale era 5-8° più di oggi. Dunque se oggi sono 30°, basterebbe arrivare a 25° o a 37° costanti per non esistere più: come sono pochi i gradi che fanno la differenza tra salute e tracollo!
Vogliamo provare a sperare?
All’inizio della conferenza Jonathan Safran Foer era dispiaciuto perché non tutti erano riusciti ad entrare e ha preso quell’episodio come emblematico dell’argomento del suo libro: tutti siamo coinvolti, tutti siamo responsabili, e tutti dovremmo avere la possibilità di fare qualcosa. Dunque intanto leggiamo tutti questo saggio, e poi salviamo il mondo, ma non solo prima di cena: “l’umanità fa i grandi passi quando gli individui fanno i piccoli passi” (p.240), e se gli onnivori smetteranno di mangiare prodotti animali per l’ambiente anziché per il bene degli animali, i vegani si tratterranno dal sollevare il sopracciglio, promesso!
Isabella Ciapetti
Progetto Vivere Vegan Onlus