L’inquinamento acustico antropogenico ha conseguenze gravi, che possono diventare irreversibili. A farne le spese sono gli individui più fragili, come le megattere in allattamento che rinunciano a nutrirsi in presenza del rumore delle imbarcazioni, e i bambini che, sottoposti continuamente a un tappeto sonoro troppo alto, mostrano segni di compromissione cognitiva.
Quando parliamo di umani e ambiente, la prima parola che ci viene in mente è inquinamento. Gli umani si sviluppano e si nutrono con pratiche impattanti sull’ambiente circostante, vivono lasciando scorie durature intorno a sé, spesso nocive se non mortali per gli altri esseri che parimenti ci vivono, soprattutto sottoforma di CO2 nell’ aria e di plastica nell’acqua e in terra. Sono problemi noti, ai quali negli anni si è cercato di dare risposte e soluzioni, per il momento molto lontane dall’essere definitive, ma almeno se ne ha una certa coscienza.
A scuola, ad esempio, i bambini compiono in modo naturale e spontaneo la raccolta differenziata, nessuno tra le nuove generazioni si sognerebbe di buttare una bottiglietta nel contenitore della carta o nel cestino destinato a raccogliere i residui della tempera delle matite. Buone pratiche, quindi, ormai impresse nei prossimi eredi del Pianeta, per fronteggiare l’emergenza rifiuti/inquinamento.
L’inquinamento ambientale è anche acustico
C’è anche un altro inquinamento estremamente diffuso sul Pianeta e preso assai poco in considerazione: l’inquinamento acustico. Si pensa forse che il rumore, sebbene sia un elemento fastidioso onnipresente nella nostra quotidianità, sia da ritenersi non un vero e proprio inquinamento perché impalpabile, non lascia scorie e non è mortale.
Uno studio realizzato in collaborazione con vari istituti americani tra i quali la Syracuse University (New York) e il Stellwagen Bank National Marine Sanctuary (Massachusset) e pubblicato dalla Royal Society Publishing ha portato in luce quale forte impatto il “rumore antropogenico” abbia sulla vita nel mare e in particolare modo sulle balene. Si è trattato di un lavoro svolto tra il 2006 e il 2009, preso come riferimento anche da studenti recenti.
Lo studio ha coinvolto nove megattere (Megaptera novaeangliae) presenti nel santuario del Maine, alle quali sono stati applicati sul corpo piccoli dispositivi in carbonio attaccati con quattro ventose di silicone, per poterne registrare le percezioni e i movimenti in modo tridimensionale, registrati su computer da un apposito software.
La megattera, chiamata comunemente Balena, è un cetaceo misticeto, cioè non ha i denti, come, ad esempio, la sorella Orca; al posto dei denti ha i “fanoni” una sorta di grande filtro organizzato a pettine morbido, grazie ai quali questi Animali dopo aver inghiottito grandi quantità di acqua contenente il cibo, espellono l’acqua. Le megattere si nutrono di krill (piccoli crostacei) e di piccoli pesci in banchi; per procurarsi questo alimento attivano comportamenti che avvengono principalmente sulla superficie dell’acqua, come il “bubblenet feeding” che vede un gruppo organizzato di balene generare bolle creando un recinto e disponendosi poi in cerchio per intrappolare le prede.
Le megattere, possono anche nutrirsi con immersioni che le portano a pochi metri dal fondo, qui assumono un comportamento caratteristico chiamato “bottom side-roll”, per il quale si posizionano in parallelo al fondale marino e cominciano un movimento particolare ruotando il grande corpo. Questo comportamento è trasmesso per emulazione da individuo a individuo ed è caratteristico delle balene del Santuario del Maine. La loro osservazione ha portato questi risultati: su 218 immersioni alla ricerca di cibo 11 non hanno dimostrato da parte delle balene osservate il comportamento bottom side-roll, e 7 di queste 11 immersioni sono avvenute proprio in presenza del rumore di imbarcazioni. Su nove individui osservati, cinque hanno mostrato costantemente una o più immersioni prive di bottom side-roll e sono tutte femmine adulte di cui due con i loro cuccioli in fase di allattamento e una incinta.
Megattere a rischio: soprattutto femmine con prole o in gestazione
Si è inoltre notato che questi Animali non compensano il mancato nutrimento ma rinunciano semplicemente a nutrirsi. Un ulteriore osservazione ha permesso di notare che il rumore può causare anche comportamenti differenti nelle prede che tendono in presenza di rumore ad allertarsi e a insabbiarsi rendendosi così di più difficile reperimento.
Ma forse, cosa più importante tra tutte, è che l’inquinamento acustico marino può compromettere la comunicazione tra individui, poiché le onde sonore emesse dalle imbarcazioni viaggiano nell’acqua a velocità più elevata che nell’aria e percorrono distanze notevoli prima di attenuarsi significativamente; ma c’è di più: le emissioni sonore delle imbarcazioni hanno la stessa gamma di frequenze dei vocalizzi emessi dalla balena per relazionarsi all’interno della specie, e influiscono negativamente e pesantemente sulle comunicazioni tra le balene di uno stesso gruppo, sia per i rapporti inter pares sia per quelli genitori-figli.
Impairment cognitivo: bambini a rischio
Quindi l’inquinamento acustico antropogenico, cioè generato dall’uomo, ha conseguenze negative importanti sulla vita di queste grandi creature. Questo non vale solo per loro. I suoni e i rumori generano da sempre allerta nell’uomo come negli altri Animali, il suono infatti può giungerci molto prima dell’ispezione visiva e avvisarci di un pericolo.
In Natura, il rumore è quasi sempre segno di pericolo (o di preda), dal crepitio di una fiamma allo scalpiccio dei cacciatori. Un tappeto sonoro alto non consente il giusto controllo dell’ambiente da parte di un essere vivente, e questo è mostrato anche in un dettagliato articolo pubblicato sul sito Internet www.stateofmind.it, che illustra i risultati di una ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ufficio europeo, sulla relazione tra rumore ambientale ed effetti specifici sulla salute e sull’impairment cognitivo (compromissione cognitiva) dei bambini in età scolare.
L’inquinamento acustico è inquinamento a tutti gli effetti
Pertanto il rumore, il tappeto sonoro delle città e delle nostre case, fuori ma anche al loro interno, è inquinamento a tutti gli effetti, produce intossicazione e scorie che possono essere smaltite a lungo termine o rimanere per sempre, e i cui effetti possono essere anche letali.
Il rumore antropogenico costringe le balene e i loro piccoli alla malnutrizione e al conseguente indebolimento, che può diventare, negli ambienti selvaggi del mare, morte certa; cosa altrettanto grave è l’impoverimento cognitivo delle nuove generazioni di bambini che devono affrontare ambienti rumorosi, sia a casa, per strada e a scuola. Bambini e ragazzi ai quali sono chieste, oggi più che mai, performance sempre maggiori, per inserirsi in un sistema sociale sempre più selettivo, organizzato secondo l’antico e classico “mors tua vita mea”.
Le megattere: sensibili alle imbarcazioni ma non solo
Siamo quindi davanti al fatto, rilevato scientificamente e provato, che il sottofondo rumoroso delle vite umane ha un impatto enorme sulla vita di questi grandi Animali, nonostante ci sembra che vivano molto distanti da noi. Invece, l’inquinamento acustico al pari di plastica, CO2 e idrocarburi, pervade anche zone apparentemente selvagge e incontaminate.
Un monito per chi pensa che il rumore non sia inquinamento e che sia giusto adattarsi alle frequenze sonore alte che le nostre società ci impongono. Ogni nostro gesto e ogni nostra scelta, arrivano lontano, anche se non ne vediamo gli effetti immediati: il costo di essi lo pagano subito i più esposti, ma la perdita che ne deriva è di tutti.
Ilaria Beretta
Progetto Vivere Vegan