Purtroppo, al contrario di quanto è stato, forse un po’ troppo enfaticamente detto nei giorni scorsi, la questione dei mufloni dell’Isola del Giglio presenta ancora alcuni problemi. Le incertezze tardano ad avere risposte chiare e nel frattempo il tempo passa.
A che punto siamo veramente?
Come ormai saprete, la storia dei mufloni dell’Isola del Giglio, su cui anche noi siamo impegnati in supporto al Santuario Vitadacani, alla Rete dei Santuari, al Comitato Save Giglio e ad altri attivisti indipendenti tra cui il ricercatore Kim Bizzarri, non si è ancora risolta definitivamente, almeno non nel modo in cui tutti speravamo.
I mufloni, di fatto, sono ancora in presumibile pericolo, nonostante tutte le rassicurazioni fatte sia dall’Ente Parco che dalle associazioni (Lav, WWF e Brambilla) firmatarie del patto che li vorrebbe tutti trasferiti in rifugi e centri recupero. D’altra parte anche la cattura di sei mufloni avvenuta qualche giorno fa, mufloni che sono stati trasferiti al centro recupero di Semproniano (Grosseto) e che saranno seguiti direttamente dall’associazione animalista Irriducibili, non può essere considerato l’inizio di una sicura vittoria.
Il problema è sostanzialmente legato al fatto che non si è voluto, fino a ora, dare una risposta chiara in merito ad alcuni importanti quesiti: “cosa accadrà ai mufloni che non verranno catturati nei tempi previsti?”. E ancora: perché non si sono fornite date certe sulla sospensione degli abbattimenti? Perché cioè non si è detto chiaramente che gli abbattimenti sono definitivamente conclusi e non riprenderanno mai più? Il dubbio è più che lecito perché, naturalmente, le catture non potranno andare avanti all’infinito e, anzi, si parla di pochi mesi a disposizione.
Il caso di Gigliola
Già ora, con il caso della mufloncina Gigliola, una piccola che vaga sperduta per l’isola e che non si sa se è figlia di qualche muflone abbattuto nelle settimane scorse o di quelli recentemente trasferiti al centro recupero di Semproniano (Grossetto) si vedono i primi problemi. Gigliola difficilmente supererà l’inverno se non verrà in qualche modo aiutata a riunirsi a un branco o verrà catturata per essere portata in qualche rifugio. E purtroppo è tutt’altro che un’operazione semplice, visto che l’Isola è piccola, ma non così piccola, e il muflone è un animale sostanzialmente schivo. Tra l’altro negli ultimi giorni di Gigliola se ne sono perse le tracce. Auguriamoci che si sia riunita a qualche branco.
Chi controlla?
È piuttosto curioso notare inoltre, che, in questa delicata fase di cattura, non si abbiano notizie di attivisti di Lav o WWF presenti sull’isola a vigilare sulle operazioni di cattura. Sarebbe infatti importante controllare come stanno avvenendo le catture, per altro tutt’altro che prive di rischi se non eseguite con molta prudenza. E se davvero non c’è nessun volontario delle associazioni sull’isola, chi controlla con quanto impegno vengono portate avanti? Insomma, per farla breve, forse si potrebbe fare un po’più di chiarezza per rassicurare tutte quelle persone (e non sono poche) che tengono alla sorte dei mufloni.
Non dimentichiamo inoltre che chi si è occupato dell’affair mufloni fin dall’inizio, ovvero il Santuario Vitadacani, la Rete dei Santuari, il Comitato Save Giglio e il ricercatore Kim Bizzarri, chiedono che questi animali vengano lasciati sull’isola. Perché non permettere a questi animali che, ricordiamolo, sono molto più simili alle pecore che alle capre e quindi con un basso impatto sulla vegetazione, di vivere dove sono nati, costruendo una riserva proprio sull’isola, cosa per altro già prevista in passato?
Cosa dice la scienza?
D’altra parte, il fatto che il progetto attuale sia stato criticato da molti scienziati, tra cui l’ordine nazionale dei biologi, non può che farci riflettere sull’aspetto etico visto che le basi scientifiche del progetto di eradicazione sono tutt’altro che riconosciute da molti esperti. Esistono delle alternative del tutto fattibili ed economiche all’eradicazione del muflone e sono queste alternative che gli attivisti chiedono di poter esplorare sia con i beneficiari del progetto Life che con le istituzioni che lo hanno finanziato.
Cosa fare quindi?
È chiaro che per prima cosa sarebbe importante cercare di lasciare i mufloni dove si trovano. Se non c’è alcun vero motivo scientifico per trasferirli e inoltre c’è la possibilità di creare una riserva (che tra l’altro diventerebbe una bella attrazione turistica) perché insistere su un trasferimento in nome di una presunta “purezza” che la fauna e la flora dell’isola dovrebbero preservare?
Ma davvero siamo convinti che eradicare animali non autoctoni in un mondo stravolto dalle devastazioni degli esseri umani, sia una cosa su cui impegnare risorse economiche come i quasi 2 milioni di euro (provenienti dalle tasche dei cittadini europei) previsti per risolvere l’affair mufloni?
E infine: non è forse giunto il momento di riconoscere agli animali lo status che da sempre, scientificamente, hanno? Ovvero quello di esseri viventi che hanno tutto il diritto di vivere in pace senza che, ogni mattina, qualcuno si alzi con un’idea per ammazzarli o rinchiuderli?
Fatto sta che l’affair mufloni non è ancora concluso.
Ne riparleremo.
P.S.: nel frattempo su Change è stata aperta una petizione per chiedere alle autorità competenti di attivarsi subito per individuare e portare in salvo Gigliola e, in risposta, gli operatori del parco hanno promesso di vigilare giornalmente.
Per la petizione: CLICCATE QUI
Progetto Vivere Vegan