Provare emozioni è una capacità non solo di noi umani. Anche gli altri animali le provano: gioia, paura, tristezza… sono ben evidenti nei loro atteggiamenti e nelle loro espressioni, anche senza scomodare studi scientifici. Per chi è ancora scettico, sempre meno per fortuna, questo articolo ripercorre alcune evidenze scientifiche.
Da sempre vi è una forte convinzione che gli animali non possano provare emozioni. Stiamo parlando di tutti gli animali, compresi i maiali, i polli e tutti gli altri che rinchiudiamo negli allevamenti, negli zoo o negli stabulari di vivisezione. L’idea, così ben radicata nella società odierna, viene usata come una delle “giustificazioni” da chi consuma carne e uccide gli animali per diversi scopi. L’articolo mira, quindi, a smascherare queste idee infondate.
Gli scienziati e gli altri animali
Charles Darwin è stato il primo scienziato ad analizzare e approfondire la possibilità che gli animali fossero in grado di provare sentimenti come rabbia, tristezza, felicità, paura… Nel 1872 Darwin scrisse un libro su questi suoi studi, intitolato “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”. Con esso mirava a dimostrare la possibilità di analizzare dal punto di vista naturalistico le specie viventi e i loro più intimi moti di coscienza, caratterizzati da espressioni emotive che Darwin mette abilmente in continuità con quelle degli altri animali.
Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo lo scienziato moderno Marc Bekoff, autore del libro “La vita emozionale degli animali” (2007). L’autore si dedica, in questo libro, anche all’aspetto evolutivo delle emozioni e porta all’attenzione del lettore le nuove scoperte sulle strutture cerebrali fondamentali per l’elaborazione delle emozioni, condivise dagli animali umani e non, e mette in evidenza il ruolo di tali strutture nello stabilire una continuità evolutiva tra le specie.
In uno studio pubblicato nel 2000, Bekoff discute vari aspetti delle emozioni animali, fornendo esempi che attestano una forte evidenza dell’esistenza di tali emozioni. Un aspetto molto importante, evidenziato da Bekoff, riguarda l’idea che negare categoricamente le emozioni agli animali perché non possono essere studiate direttamente, non costituisce un argomento ragionevole contro la loro esistenza.
Animali come robot?
In passato, infatti, ricercatori del comportamento animale si resero conto della poca informazione e degli scarsi studi sulle emozioni e sulle menti animali direttamente osservabili, misurabili e verificabili. Questa consapevolezza li portò così a concentrarsi sul comportamento perché le azioni manifeste potevano essere viste, misurate oggettivamente e verificate. Molti scienziati e psicologi credevano che gli animali fossero robot condizionati a rispondere automaticamente agli stimoli a cui venivano esposti. La visione degli animali come macchine spiega così tanto su ciò che fanno che è facile capire perché molte persone l’abbiano adottata.
Tuttavia, non tutti accettano che gli animali siano semplici automi, creature abitudinarie e insensibili. Perché allora ci sono opinioni contrastanti sulla natura delle emozioni animali? In parte, questo è dovuto al fatto che alcune persone vedono gli esseri umani come animali unici, creati a immagine di Dio. Secondo questa visione, gli esseri umani sono gli unici esseri razionali in grado di impegnarsi nell’autoriflessione. Questa logica, a tratti cartesiana del “penso quindi sono”, si basa sull’idea che gli animali, non essendo dotati della ratio, possano solo rispondere a degli stimoli in modo del tutto apatico.
In realtà, basterebbe osservare più attentamente gli animali per capire che stanno provando emozioni. Gli stati emotivi di molti animali, infatti, sono facilmente riconoscibili. Il loro volto, i loro occhi e il modo in cui si comportano possono dirci chiaramente ciò che sentono. Cambiamenti nel tono muscolare, postura, andatura, espressione facciale e sguardo, indicano risposte emotive a determinate situazioni.
Gli elefanti
È molto difficile, infatti, negare che un animale riesca a divertirsi quando gioca, o che sia felice quando si riunisce… Un esempio riportato riguarda gli elefanti. Quando si riuniscono, infatti, in una celebrazione di saluto, sbattono e ruotano le orecchie, emettendo una vocalizzazione nota come “rombo di saluto”. Allo stesso modo, potremmo pensare a cosa provano gli animali quando si allontanano dal loro gruppo sociale o alla morte di un amico. Alle volte smettono di mangiare e in certi casi si lasciano morire. Quest’ultimo fenomeno è tipico anche degli esseri umani. Come diceva Aristotele, l’uomo è un animale sociale e, pertanto, ha bisogno di stare con gli altri. Molto spesso infatti la solitudine, la depressione e la tristezza portano tante persone al suicidio. Se vale per gli animali umani, perché non dovrebbe valere anche per gli altri animali?
I pesci
Un altro esempio illuminante da prendere in considerazione riguarda i pesci. La maggior parte delle persone crede che i pesci non soffrano e che, di conseguenza, non riescano a provare alcun tipo di emozione. In realtà, le creature acquatiche soffrono e provano dolore, in modo non così diverso dai mammiferi. Un nuovo studio dell’Università di Liverpool ha rivelato la capacità dei pesci di sentire il dolore in un modo sorprendentemente simile agli animali umani. Lo studio afferma non solo l’abilità dei pesci di modificare il loro comportamento ma anche la capacità di ricordarsi come e dove si è svolta l’esperienza traumatica. Tutto ciò comprende anche i pesci rossi, la cui memoria non dura tre secondi come alcuni sono abituati a pensare.
I cani
Negli ultimi anni vi è stato un aumento degli studi sulle emozioni provate dagli animali, tra cui varie analisi del loro grado di empatia. Un esempio al riguardo è il massacro avvenuto nel 2012 alla Sandy Hook Elementary School, negli Stati Uniti. Dopo la tragedia i bambini hanno iniziato un percorso di terapia con i cani, riuscendo ad aprirsi e a guarire. Alcuni di questi bambini sono riusciti addirittura a parlare direttamente ai cani di ciò che era successo e vi è stato un bambino in grado di parlare per la prima volta dopo la sparatoria dopo aver accarezzato uno dei cani. Uno studio recente, infatti, ha concluso che i cani provano empatia nei confronti degli umani e agiscono in base a tale empatia rispondendo, inoltre, rapidamente al pianto degli umani. Del resto, la parola empatia deriva dal greco en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne sentimenti ed emozioni. Anche gli animali, ad esempio i cani, come riportato da questa vicenda, possono quindi provare una forte empatia, non solo nei confronti degli altri animali ma anche nei confronti degli esseri umani.
Le emozioni degli altri animali
Jeremy Bentham, uno tra i primi filosofi a parlare, nel 1789, dei diritti degli animali, portò avanti la sua tesi partendo da questo pensiero: “Il problema degli animali non è, possono ragionare? Né, possono parlare? Ma, possono soffrire?”. Se partiamo quindi da questa domanda, la cui riposta è affermativa, possiamo dire con certezza che gli animali provano emozioni, tra cui la sofferenza.
Dovremmo quindi cominciare ad abbandonare questi stereotipi basati sull’idea che gli animali non possano soffrire né avere sentimenti. D’altronde, anche il famoso attivista Gary Yourofsky, durante il suo famoso discorso disponibile su YouTube, ha affermato: “Se gli animali hanno e usano gli occhi per vedere, la bocca per cibarsi, l’intestino per digerire i cibi e tutti gli altri organi funzionanti e fondamentali per la loro sopravvivenza, perché non dovrebbero usare il loro cervello per provare emozioni?”
Serena Gentile
Progetto Vivere Vegan