Anche in un libro di storia per la scuola la verità sul trattamento che riserviamo agli animali esce fuori con chiarezza, se solo la volessimo davvero vedere. Così Francesca Decandia, insegnante di sostegno, ci riassume i contenuti di un capitolo del volume “Sapiens – Il lungo cammino dell’uomo”.
In questo periodo ho ripreso in mano un libro di storia. La storia non mi piaceva quando andavo a scuola; non mi piaceva imparare le date a memoria e non ne capivo l’utilità. In realtà adesso penso che essa spieghi tante cose e soprattutto ci regali gli strumenti critici per capire come siamo arrivati dove siamo arrivati.
Nella scuola dove insegno ho trovato un libro molto schematico e ho deciso di portarlo a casa per studiarlo. Il libro è scritto da Solfaroli Camillocci, Grazioli, Zambelli e Ribetto e si intitola “SAPIENS – Il lungo cammino dell’uomo”. Giunta al capitolo sul Neolitico, ho avuto un’esperienza quasi mistica: la verità era scritta lì, semplice, chiara, inequivocabile… ma nessuno in quella scuola (e nella maggior parte delle scuole, immagino) l’aveva ancora compresa!
I cereali e la nascita dell’agricoltura
Nel Neolitico, la bellezza di 10.000 anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione, nella cosiddetta “Mezzaluna fertile”, un’area geografica che comprendeva le valli del Tigri ed Eufrate da un lato e del Nilo dall’altro, l’uomo scopriva il cereale, che si era lì diffuso grazie al clima più mite. La scoperta che se si piantava in terra un chicco nasceva una spiga con molti più chicchi fu alla base, probabilmente, della nascita dell’agricoltura. Parallelamente tuttavia fu scoperto che era possibile anche addomesticare cuccioli di animale: insieme all’agricoltura l’uomo imparò anche a sottomettere e sfruttare gli animali per la carne, per i derivati, per tessere stoffe.
Il libro va avanti e titola “Una sgradevole novità: le malattie infettive”, spiegando che “tutte le malattie infettive, che per millenni sono state la principale causa di morte dell’umanità, comparvero proprio nel Neolitico” e prosegue dicendo che “a favorirne lo sviluppo erano la vicinanza sia con gli animali allevati sia degli uomini tra loro”, poiché per la prima volta sorsero villaggi sedentari e assembramenti di umani che prima erano vissuti spostandosi da un luogo all’altro e in piccoli gruppi familiari. Ovviamente a nessuno viene in mente che forse abbiamo dovuto anche noi pagare un prezzo altissimo per avere sottomesso altre specie animali… ma andiamo avanti, il bello deve ancora venire.
La nascita della disuguaglianza
Come antispecista sospettavo fortemente che la disuguaglianza tra gli umani avesse la sua radice nello specismo, ma che fosse scritto in un libro di storia del biennio delle scuole superiori non me lo aspettavo davvero!
Il libro va avanti: “La terra era di solito coltivata insieme da tutti gli abitanti del villaggio, e i prodotti del lavoro agricolo venivano considerati proprietà comune. Il bestiame era invece proprietà privata delle famiglie, tra le quali potevano quindi svilupparsi differenze anche notevoli di ricchezza”. Cosa state dicendo signori storici, che fino a che l’uomo ha coltivato vegetali aveva il senso della comunità e della condivisione, ma quando ha sottomesso gli altri esseri senzienti ha cominciato a sviluppare l’egoismo e il senso di possesso? Parrebbe di sì.
Così è nata la disuguaglianza tra gli esseri umani: tra chi aveva i “capitali” da capita, parola latina che indica le teste di bestiame (come riporta Jim Mason nel suo “Un mondo sbagliato”: più teste, più capi di bestiame, più ricchezza) e chi non li aveva. Interessante, più che altro il fatto che nelle scuole non si sottolinei questa radice semantica comune e che l’essere umano sia andato avanti nella più totale inconsapevolezza. Ma andiamo avanti, perché non è finita qui.
La guerra e la schiavitù
Il testo spiega che solo nella Mezzaluna fertile era possibile coltivare, quindi nelle altre regioni più aride e montuose l’uomo si dedicò all’allevamento e alla pastorizia: è proprio in questo lontano periodo storico che si ebbe anche la domesticazione del cavallo. Che succedeva tra gli agricoltori-allevatori sedentari e i pastori nomadi? Il libro ce lo dice candidamente: “ma soprattutto, vi erano contrasti e uno stato di guerra quasi permanente tra agricoltori sedentari e pastori nomadi […] questi contrasti portarono nel Neolitico allo sviluppo della guerra, come forma organizzata di difesa o offesa, ripetuta periodicamente nel tempo”. Dunque la guerra nasce proprio in questo periodo, sempre per motivi di espansione territoriale dei pascoli, poiché i pastori erano convinti che “l’occupazione e la coltivazione della terra da parte degli abitanti dei villaggi agricoli” impedisse loro di accedere a nuovi pascoli.
Finita qui? Assolutamente no. Il testo va avanti con fare freddo e scientifico, come tanto va di moda nella nostra epoca confusa: “Con il tempo si imparò che, anziché uccidere i nemici vinti, poteva essere più vantaggioso asservirli, cioè mantenerli in vita e farli lavorare alle proprie dipendenze. Nacque così la schiavitù, e gli schiavi furono in origine i prigionieri di guerra, diventati “nemici addomesticati”, un po’ come si era fatto con la domesticazione degli animali”. Più chiaro di così! Il cerchio si chiude, e ciò che fai all’altro ti è reso. Non so come altro rendere il fenomeno più chiaro di come hanno fatto le persone che hanno scritto questo testo: le loro parole svelano la verità meglio di come posso fare io come attivista.
Una domanda ovvia
Se anche un libro di storia ha il coraggio di riportare i fatti senza edulcoranti, mi viene da chiedere perché per 10.000 anni siamo rimasti attaccati a un sistema che gli animali non umani, ma anche noi, abbiamo pagato caro? Per un peccato di gola? Per cosa? E perché non possiamo adesso sederci a un tavolo e cercare insieme il modo di lasciare andare una vecchissima consuetudine che ha portato solo sofferenza? Su questa domanda credo che l’umanità intera si debba interrogare, mentre il mondo antispecista deve chiedersi come trovare il modo di svelare ciò che ormai è abbondantemente svelato.
Mentre in Europa risuona di nuovo il canto di guerra, che nel resto del mondo non è mai cessato, è veramente l’ora di scendere alla radice delle cose e di trovare il coraggio di leggere la storia ai nostri giovani esattamente per quello che essa dice con così tanta chiarezza e semplicità.
Francesca Decandia
Progetto Vivere Vegan