Un conflitto devastante che vede un vincitore supremo, l’essere umano e uno sconfitto che può solo provare a opporre con tutte le proprie forze, una qualche resistenza. Il cinema di genere ci aiuta a comprenderlo meglio.
Fin dai suoi albori il cinema ha affrontato (quasi sempre in modo antropocentrico) la guerra tra esseri umani e animali e lo ha fatto mettendo spesso in risalto una questione che oggi appare sempre più evidente e rilevante: gli umani stanno distruggendo il Pianeta. Il punto è che, anche in pellicola, le vere vittime di questa guerra, gli animali appaiono come relegate in fondo allo scantinato del palazzo sociale che abitiamo. Il loro ruolo è, quasi sempre, quello del “nemico” di cui, volenti o nolenti, bisogna sbarazzarsi.
D’altra parte, nel mondo reale, in pochi sembrano davvero preoccuparsi della loro sorte e generalmente quando questo succede, è solo per alcuni, quelli domestici che oggi hanno guadagnato uno status decisamente superiore rispetto alla maggior parte dei loro compagni a quattro zampe che vivono nelle fattorie o nella savana. Anche il recente libro di Greta Thumberg, la giovanissima attivista che ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali e che ha dato vita al Friday For The Future che ha coinvolto migliaia di giovani in tutto il mondo, s’intitola “La mia casa è in fiamme”. Ma, se la nostra casa è in fiamme, purtroppo gli animali che hanno diritto di vivere in questa casa come e forse più di noi, non solo stanno perdendo la casa, ma, a miliardi, anche la vita.
Questo mio breve articolo, bel lontano dall’essere esaustivo, vuole offrire alcune riflessioni in merito, partendo da qualche titolo cinematografico, scelto random che ha trattato in modo più o meno diretto, il conflitto tra esseri umani e animali e che ha contribuito in modo diretto o indiretto a dare vita a un genere che spesso va sotto il nome di eco-vegeance. La lettura delle opere che propongo non vuole essere e non è l’unica possibile, ma più semplicemente un modo di vedere le cose partendo da quello che potrebbe essere un possibile “punto di vista degli animali”. Ogni analisi dei film qui trattati, può essere di gran lunga ampliata ma, per il momento, visto anche il poco spazio a disposizione, m’interessava solo provare a gettare qualche stimolo.
In futuro, magari, ci tornerò sopra.
Una nota: in alcuni dei film che citerò, purtroppo, gli animali che compaiono sono veri. Alcuni di questi hanno probabilmente subito violenze e privazioni. Per fortuna, se pur lentamente, il mondo si evolve e oggi abbiamo leggi molto più stringenti e soprattutto la computer grafica. Proviamo a prendere il lato positivo.
King kong
1933. Esce il film King Kong, prodotto e diretto da Merian Cooper che decide di scommettere su una storia che ha in testa da un po’. La trama la conosciamo tutti: una troupe cinematografica partita alla volta della misteriosa Isola del Teschio. Qui gli avventurieri s’imbattono in King Kong, gigantesco gorilla che vive tranquillo nella sua jungla e che rapisce l’attrice protagonista, offerta a lui in dono sacrificale da altri esseri umani (leggi indigeni). A quel punto il gorillone viene catturato e portato in manette a New York per essere mostrato al grande pubblico. King Kong riesce a liberarsi, ma (lo intuiamo subito) non ha alcuna chance di salvarsi, nonostante ci mostri un commovente lato romantico: quello dell’amore non corrisposto (simbolo, dell’animale che ama l’umano ma evidentemente l’umano non ama l’animale). Il finale è una vera e propria scena di guerra con i biplani (aerei che avevano caratterizzato la prima guerra mondiale) che lo attaccano, lo mitragliano e lo uccidono mentre lui, disperato, ha cercato una qualche salvezza nel posto sbagliato, l’Empire State Bulding, simbolo perfetto della arroganza dell’essere umano. Sul film si è scritto di tutto e molti critici si sono soffermati sulla sua presunta dialettica sessuale, la dominazione maschile sulla donna, il simbolo fallico dell’Empire, ma anche sulla rovina della società americana e persino il razzismo nei confronti dell’uomo nero che minaccia di distruggere l’Occidente, ma se queste letture possono avere un senso, resta un punto ineludibile: ancora una volta, la guerra degli umani è vinta e l’animale è sconfitto.
Tarantola
E se il 1933, con King Kong, ci ha mostrato il lato prevaricatore dell’essere umano nei confronti degli animali, gli anni 50 ci mostrano la sua sete di potere incentrata anche sul voler controllare la natura attraverso l’utilizzo di nuove scoperte venute in seguito alle due guerre mondiali e quindi pensate per avere effetti catastrofici: le bombe atomiche. Per questo, negli anni 50, gli animali vengono stravolti e presentati quasi sempre in una sola forma: giganteschi mutanti, creati in laboratorio o risultati di esperimenti atomici. Tarantola, il celebre film di Jack Arnold, inizia con il ritrovamento di uomo dal viso dilaniato nel deserto dell’Arizona. Si tratta di un assistente del dottor Gerald Deemer, uno scienziato che conduce misteriose ricerche sugli animali nella sua villa ai margini del deserto. Mentre Hastings e lo sceriffo discutono di fronte al cadavere sfigurato, conservato all’obitorio, giunge Deemer per il riconoscimento della salma. Deemer risponde evasivamente alle domande dello sceriffo e se ne torna a casa, dove vediamo cosa ha ottenuto fino a quel momento: animali giganti. Lo scienziato è riuscito a creare uno speciale siero e vuole adesso provarlo sulle scimmie. Fra gli animali sottoposti alla “cura”c’è anche una tarantola che ha già raggiunto l’altezza di un metro. Un incidente provato da un giovane assistente, anch’esso vittima degli esperimenti, permette al ragno di scappare e di andare a seminare il panico. Inutile aggiungere che la Tarantola (che non farà altro che fare la Tarantola) subirà ancora una volta l’ira degli esseri umani che la bruceranno viva con il napalm, arma che sarebbe divenuta tragicamente ben nota qualche anno dopo durante la guerra del Vietnam quando avrebbe contribuito a bruciare vivi migliaia di vietcong e civili vietnamiti. Anche in questo caso l’animale è innocente. L’essere umano invece, ancora una volta vero unico colpevole del disastro, ne esce praticamente indenne e vincitore. Sperimentando sull’animale, un arma che avrebbe poco più tardi utilizzato in larga scala per uccidere i propri simili.
Gli uccelli
Un classico dei classici.
Forse le ultime generazioni lo conoscono un po’ meno, ma resta una pietra miliare. 1963. Esce Gli Uccelli di Alfred Hitchcock, tratto da un racconto di Daphen du Maurier di cui però sostanzialmente rimane solo l’idea centrale. Il film di Hitchcock, destinato a diventare un’icona della natura che si ribella, è più profondo, più ricco di letture e anche più diluito nei tempi rispetto al racconto originario. In merito al finale (mai definitivamente spiegato) che poi non è un vero finale visto che non compare neppure la classica scritta “the end”, Hitchcock disse qualcosa tipo: “Perché gli uccelli attaccano gli uomini? È esattamente la domanda a cui lo spettatore cercherà di dare una risposta.“. Il film si apre dentro un negozi di animali in cui i volatili sono costretti a vivere in gabbia. Imprigionati per il puro gusto di tenere un animale poco impegnativo in casa, gli uccelli ancora oggi sono venduti a milioni nei negozi di tutto il mondo. Spesso destinati a vivere poco e male. Nel film, come sappiamo, dopo un po’ arriva l’improvviso capovolgimento di fronte. È la volontà di liberare la coppia di pappagallini che abbiamo visto acquistare all’inizio? In ogni caso gli uccelli attaccano gli esseri umani. Non possono vincere la guerra, ma paiono almeno in grado di segnare un punto. Gli Uccelli ha avuto, inevitabilmente, numerose interpretazioni riguardo alla ribellione, ma quasi tutte vedono la storia come piena di simbolismi riferiti agli “esseri umani”. Eppure i protagonisti sono senza dubbio gli animali, i volatili che, nel finale, osservano in silenzio. Attendono coraggiosamente e sprezzanti quello che, purtroppo, già sappiamo tutti. Certo, non lo vediamo, ma possiamo star certi che di lì a breve arriverà l’esercito per spazzarli via.
Frogs
Arrivano gli anni 70. La paura di una scienza fuori controllo dà ufficialmente origine al filone così detto eco-vengeance che parla d’inquinamento e manipolazione genetica. Frogs, ispirato a Gli Uccelli, esce nel 1972 per la regia di George McCowan e racconta delle indagini del giovane fotografo Pickett Smith che sta realizzando un reportage di un lago dalle acque non proprio cristalline. Si scopre più tardi che un ricco della zona sta cercando di liberare i suoi terreni dalle rane, utilizzando sostanze chimiche. Per poter preservare il proprio benessere non esista a eliminare altre forme di vita. La distruzione però finisce per rivoltarsi contro e alla fine le rane si moltiplicano all’infinito, uccidendolo e costringendo la sua famiglia a scappare. Nel finale con i superstiti che viaggiano a bordo di un’auto, s’intuisce forse la distruzione del mondo: ”È da tre ore che viaggiamo su questa strada e da almeno un’ora non abbiamo incontrato anima vivente…” ma nella realtà le cose vanno diversamente. Per certi versi Frogs è un film anticipatore. Siamo infatti davanti a una tematica oggi molto sentita e un tempo probabilmente solo ipotizzata. Lo sterminio sistematico di alcune specie, come i cinghiali o le nutrie che vengono viste come specie “dannose” è oggi cosa di tutti i giorni. La guerra agli animali, è ormai costellata di stermini di massa.
L’impero delle termiti giganti
Sempre sullo stesso genere, nel 1977, esce L’Impero delle Termiti Giganti, stroncato dalla critica e diretto da Bert I. Gordon che ci parla del tentativo di vendere alcuni lotti di un terreno contaminato. Il materiale radioattivo trasforma le formiche in mostruose creature giganti dotate anche di un’intelligenza molto elevata. In poco tempo le formiche (perché sul titolo compaia “termiti” è un mistero) prendono il controllo di uno zuccherificio attraverso misteriose facoltà ipnotiche. Al di là del valore intrinseco del film, che comunque meriterebbe decisamente una rivalutazione, anche in questo caso gli animali sono vittime dell’arroganza dell’essere umano e, come nel caso dei film che abbiamo visto fin ora, non fanno altro che seguire la loro natura. D’interessante c’è qui il tentativo di impossessarsi di un luogo di “potere” rappresentato dall’industria (lo zuccherificio). Il salto evolutivo che tutti noi vorremmo: come sarebbe se i maiali s’impossessassero del mattatoio? Ma anche qui la guerra è impari. Le formiche non hanno alcuna possibilità di vincere e, anche se non lo vediamo, verranno sicuramente distrutte dalle forze armate. Tanto che lo sceriffo del paese a un certo punto esclama” Non saranno certo delle formiche a mettermi in crisi”. Certo, le formiche giganti verranno sconfitte, ma di chi è la colpa di tanta distruzione?
L’orca assassina
Nel 1977 esce anche l’Orca Assassina probabilmente il film più interessante tra quelli che riguardano gli animali acquatici. Animali che diventeranno un vero e proprio sottogenere inaugurato nel 1975 dallo Squalo di Spielberg. Parzialmente ispirato all’omonimo romanzo di Arthur Herzog, il film racconta la storia del capitano Nolan è un pescatore di origini irlandesi che cattura e rivende fauna acquatica agli acquari per poter pagare l’ipoteca sulla sua barca. Un giorno, durante una caccia a uno squalo bianco, uno degli uomini del suo equipaggio, Ken, viene salvato da un’orca che uccide lo squalo che stava per divorarlo. Quest’evento colpisce così tanto Nolan che decide di dedicarsi alla cattura di un’orca da rivendere a un delfinario. Decide di farlo in contrasto a una biologa marina che invece si trova sul luogo per studiare i meravigliosi cetacei. Durante la caccia a un esemplare maschio, Nolan arpiona erroneamente la sua compagna che, una volta issata a bordo, abortisce e urla di dolore. Tutto questo mentre il maschio urla disperato per l’accaduto. Il film prosegue mostrandoci il tentativo dell’animale di vendicarsi del sopruso perpetrato dall’uomo. La guerra qui emerge in tutta la sua realtà sul finale, quando si assiste a un vero e proprio duello cavalleresco tra il capitano e il possente cetaceo. Nel film l’orca vince il duello e Nolan muore tra i ghiacci, ma in cuor nostro ben sappiamo che si tratta di una vittoria di Pirro. Ancora oggi le orche, anche se più raramente di prima, sono catturate in natura e languono in numerosi delfinari. Altro che vendetta e vittoria.
(Continua…)
Francesco Cortonesi
Progetto Vivere Vegan