Il tema della morte è difficile, scomodo e complesso da affrontare, sopratutto se vogliamo riferirci alla morte che infliggiamo agli altri animali. Siamo circondati da esseri innocenti morti, ma non li vediamo e non ci pensiamo.
Non è sufficiente sapere che ogni creatura o forma vivente ha capacità di soffrire, per “non” farla soffrire. Che sia senziente, intelligente, gradevole compagna di vita, sensibile o insensibile, oppure ancora un organismo primitivo, o una presenza dannosa, quando non nociva o addirittura inutile in quanto non fonte di profitto, ma accessibile infine ai nostri ridotti limiti di comprensione, non è “sufficiente sapere”.
Se questo accesso alla comprensione è stato chiuso, ciò significa che ogni accesso ad ipotesi di cambiamento è preclusa. L’unica via che ci permetterebbe di salvare la tratta di vita che stiamo percorrendo, nostra e altrui è la via etica. Non conosce compromesso, non ha antagonisti, non conosce parzialità. È onnicomprensiva. Travolgente e armoniosa. Contempla inoltre l’esito finale verso l’assoluto della vita stessa che ha pervaso di sé.
In ogni morte, in ogni morte ingiusta, in ogni morte sopraggiunta dopo profonde, insanabili sofferenza e ingiustizia, hanno origine scompenso e squilibrio irreparabili.
Alla morte animale abbiamo conferito questa natura peculiare, lisi “naturale” di una breve dolente tragica esistenza confluita in una morte altrettanto dolente e tragica.
La pietà della morte
Pietà nell’atto del morire, quando la vita fluisce e, sciogliendosi, si dissolve.
Nella pietà la morte pone fine al dolore di una esistenza trascorsa nel dolore. Giustamente? Erano allineati i piatti della bilancia o tendevano a spezzarsi, negandosi ad un equilibrio fragile, sfinito.
Vi è compassione nella morte? O e un miraggio, vano, veduto da pochi nella sua transitoria circolarità, subito svanito, subito dopo averlo con disperazione scorto, percepito albergare, soffrendo per pietà le pene dell’inferno, quando fuggevole si cancella, quel miraggio.
Morì Cristo per salvare, dicono, immolandosi, la specie traditrice. Che si creda o no, era giusta la diagnosi. Lui decise. Tutti noi, anche i più bruti decidono, decidiamo. Ma gli animali sono l’ineffabile, eccellente candidato destinato all’estremo olocausto. Nessun animale viene escluso dallo spettro, in fondo risibile e molto limitato delle risorse distruttive messe in campo.
L’animale snaturato fin dal concepimento, subisce abusi senza fine e solo nella morte trova la sua liberazione. La compensazione della morte è perfetta. La pietà una chimera? Una meta irraggiungibile? Uno strumento non adeguato a mutare le coscienze?
Gli unici innocenti sono gli animali. Cristo morì invano. La morte del giusto appartiene a Utopia.
Tiziana Antico
Progetto Vivere Vegan