I membri delle Nazioni Unite concordano un quadro giuridico per regolamentare l’oceano al di fuori dei confini nazionali.
“La nave ha raggiunto la riva”. È così che Rena Lee, presidentessa della Conferenza delle Nazioni Unite, ha annunciato il 4 marzo 2023, l’High Seas Treaty (Trattato per la Protezione dell’Alto Mare), un trattato per proteggere l’alto mare e le specie che lo abitano, dopo circa 20 anni di conferenze.
Arrivano le aree protette?
Il trattato è fondamentale per far rispettare l’impegno assunto dai paesi alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità a dicembre, per proteggere il 30% del mare entro il 2030. Senza un trattato, questo obiettivo fallirebbe sicuramente, in quanto fino ad ora non vi è stato nessun tipo di accordo legale per delineare delle Aree Marine Protette in alto mare. Il trattato fornirà, finalmente, un quadro giuridico per la creazione di vaste aree protette per combattere la perdita di fauna selvatica e proteggere l’ecosistema. Verrà, inoltre, istituita una conferenza delle parti (COP) che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di discutere sulle azioni da intraprendere per il rispetto della biodiversità marina. Proteggere gli oceani risulta vitale dato che essi producono la metà dell’ossigeno che respiriamo, rappresentano il 95% della biosfera del pianeta e assorbono anidride carbonica, costituendo il più grande serbatoio di carbonio del mondo.
Dovranno aderire 60 paesi
Ovviamente un ruolo fondamentale deve essere svolto dai governi e dalla società civile, in quanto bisogna garantire che l’accordo venga adottato ed entri rapidamente in vigore e sia effettivamente attuato per salvaguardare la biodiversità in alto mare. II paesi dovranno, infatti, incontrarsi di nuovo per adottare formalmente l’accordo che entrerà in vigore solo dopo che 60 di essi avranno aderito e approvato legalmente la legislazione.
Il commissario europeo per l’ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius, ha descritto l’accordo come un “momento storico per l’oceano” e il culmine di oltre un decennio di lavoro e negoziati internazionali. Il trattato potrebbe rivelarsi fondamentale nel limitare le attività di pesca, le rotte marittime e le attività di esplorazione come l’estrazione mineraria in acque profonde. Finora, solo l’1% circa dell’alto mare è stato protetto. Ciò lascia la vita marina che vive nella stragrande maggioranza degli alti mari a rischio di sfruttamento e minacce, tra cui il cambiamento climatico, la pesca eccessiva e il traffico marittimo.
Anche l’Unione Europea si è mobilitata recentemente, annunciando quasi 820 milioni di euro per la protezione internazionale degli oceani.
I problemi legati alla pesca intensiva e illegale e all’inquinamento sono ancora tanti, e la strada per proteggere completamente gli oceani e le specie che vi abitano è molto lunga, ma questo trattato rappresenta l’importanza di tale problema a livello internazionale e si presenta come passo importante e concreto per risolverlo.
Serena Gentile
Progetto Vivere Vegan