In questi giorni, mentre attendiamo di conoscere il destino dell’orsa Gaia e degli altri orsi che abitano il trentino, il nostro pensiero va a loro. Non possiamo non pensarci.
Risaliamo a tempi lontani quando nulla aveva un nome ma comprendeva l’interezza del tutto. Cuore, anima della Madre Terra, senza nome, senza nessuno che volesse impartire il nome ad alcuna Creatura, ma Tutto, era, con mille e mille forme, ed ognuna forma aveva anima e cuore ed identità. Senza codice d’accesso che non fosse quello di una armonia selvaggia, un equilibrio severo, una finalità imperscrutabile. Quel tempo non ci aveva ancora formulati. Non eravamo che ombre annaspanti alla ricerca di corpi entro i quali riversarci.
Quel tempo è ora un coagulo, una concentrazione di ere ed evi trascorsi, cristallizzati e divenuti costellazione cupa, dolente, di una nuova, ma già corrotta nel suo inizio, era. Possiamo definirla Antropocene. Inquieta raffigurazione di una conflittualità perpetuata fin da quando ci consentimmo di soddisfare una sete inestinguibile, forse dapprincipio non ben qualificata, ma che presto divenne impulso tiranno, mostrando la vera natura del nostro essere, una natura intrinsecamente dominatrice, schiavizzatrice e schiava, servitrice e padrona. Di sé e dell’Altro.
Sete di dominio
Ad ogni Creatura venne conferito un nome in modo tale da legittimarne il possesso, decretarne la vita, misurarne durata, utilità convenienza, nocività ed erogarne la morte.
Da allora, si susseguirono millenni e secoli e anni a colmare un abisso che mai era colmo perché chi lo voleva colmare lo colmava di dolore e il dolore non aveva fine. Inesauribili fluivano millenni e secoli e anni, immersi in una sofferenza che sempre più andava dilagando. E tanto più dilagava quanto più ne aveva bisogno il suo artefice che la “creava” e la ricreava in una incessante opera volta al male.
Da giorni si parla di Gaia
Gaia l’orsa del Trentino, se ne parla tanto, forse troppo e in modo poco sobrio, ma violento, ridondante, da tutte le parti. La parte che difende Gaia e la parte che la vuole punita, morta. Come se la sua morte, la punizione inflitta, riscattassero dal cattivo operato coloro che hanno dato luogo al progetto di ripopolamento, insano e iniquo, in quanto non ha tenuto conto dell’antropizzazione esasperata del nostro paese, degli spazi angusti e della cultura del cittadino, o montanaro o paesano, odierna che prevede “tutto è permesso”, libero accesso ovunque, senza ritegno alcuno. Non è comunque l’Italia peggiore di altri stati, mi limito agli stati europei, Francia e Spagna… per esempio.
Gaia divenne simbolo, vessillo, all’improvviso tutti ne vollero essere portatori, seguendo l’onda del profitto mediatico, o tempestando i social fino alla saturazione. Gaia, simbolo di libertà, (e l’altro orso rinchiuso a Casteller, o quello cui danno la caccia, vi ricordate Corri, Orso, Corri), Gaia, simbolo di maternità. Strappare una mamma ai suoi cuccioli, (pratica quotidiana confezionata in contenitori usa e getta di cui non importa a nessuno. Così l’eco,la sua concentrazione monocratica.
Gaia non appartiene a sé stessa, è segregata. Non appartiene alla Madre Terra che piange la sua Prole torturata. Non appartiene ai suoi piccoli, disorientati, prigionieri in un limbo doloroso di solitudine di cui non riescono a farsi ragione né a darsi pace.
Gaia non appartiene al bosco dissacrato dalla nauseante presenza umana.
Gaia appartiene al volgo. Al sistema, con tutti I suoi utili, anche se in apparenza dissonanti, ma funzionali, correlati inestricabilmente l’un l’altro, ingranaggi.
Gaia, oggetto di contesa. Nodo gordiano
Metafora del divenire animale, della sua genesi perfetta, della sua fragilità senza difesa.
Gaia, amore della più immensa Gaia, quella di cui vanamente verrà, a breve, da blasfemi senza talento, celebrata la giornata, tu, oltre quelle sbarre, oltre tutte quante, in bene e in male, spese parole, trionferai in un depopolato, spopolato, disabitato, tornato vergine preumano mondo.
Siamo abusatori, abusivi esseri cui alcuna vittoria è destinata, né del bene, né del male, perché siamo “niente”.
Qualunque sarà l’epilogo della storia di Gaia, avremo dimostrato e confermato una volta di più quante miseria e corruzione nascondano, malamente per chi non si lascia incantare, “facciate”: slogan, rivendicazioni, ipocrisia, manipolazione, in sintesi, propaganda.
Gaia, sorelle e fratelli animali, Madre, ci sopravvivrete, nella libertà e nell’armonia.
Tiziana Antico
per Progetto Vivere Vegan