La serie tv Flipper. Il nuovo film di Nanni Moretti. La Disney e perché abbiamo ancora bisogno di analizzare il rapporto tra gli animali e l’industria cinematografica.
In questi giorni si parla molto degli animali (leoni e elefanti, almeno fino al momento in cui sto scrivendo queste righe) utilizzati nel set del nuovo film di Nanni Moretti. Le cose su cui dovremmo riflettere non sono poche. Al netto del palese sfruttamento di cui abbiamo già parlato molte volte, vorrei qui soffermarmi però sul fatto che nonostante l’essere umano prosegua nello sterminio di miliardi di animali, non c’è dubbio che questi, paradossalmente, facciano ormai parte della sua cultura in tutt’altra veste.
Raramente, infatti, gli animali, al cinema, vengono ritratti come “oggetti” e anzi molto spesso il loro ruolo è quello di essere portatori di valori positivi, di amicizia e di speranza. La Disney, su questo, ha letteralmente segnato la contemporaneità. La televisione però, grazie soprattutto alla sua enorme diffusione ha forse dato il contributo maggiore a una scissione tra l’animale “amico personale” e tutti gli altri che, di conseguenza, avevano molto meno valore agli occhi del pubblico.
In questo momento, non sappiamo ancora quale ruolo effettivamente avranno gli animali nel film di Moretti (per adesso sappiamo soltanto che il mondo del circo farà da sfondo alla vicenda) ma è presumibile che saranno principalmente coreografici. Resta il fatto che quei leoni e quegli elefanti, una volta finita la loro comparsata, tornano nei circhi e negli zoo da dove provengono. Per trascorrerci l’intera vita.
Ed è per questo che evidentemente, purtroppo, occorre ancora parlare dello sfruttamento degli animali da parte dell’industria cinematografica e ricostruirne un po’ la storia.
Il caso Flipper
Ma quando, utilizzare animali veri è diventato così importante per il cinema? Da sempre ovviamente. Di certo prima dell’avvento che della CGI (computer grafica) che per fortuna ha cambiato decisamente le cose (Nanni Moretti però sembra non saperlo).
D’altra parte, va detto, che animali umani e non umani sono così strettamente correlati che il cinema non può prescindere dagli uni o dagli altri. Però è anche vero che, a un certo punto gli animali hanno smesso di essere semplice coreografia e sono diventati protagonisti. I film e soprattutto la conseguente serie tv dedicati alla storia di un delfino di nome Flipper hanno contribuito non poco a questo passaggio.
Girato nel 1963, Il mio amico delfino (seguito l’anno dopo da Flipper contro i pirati e dall’avvio di tre stagioni di episodi per la tv) si rivelò un planetario successo al pari di altre pellicole con protagonisti animali che, in quegli anni, affollavano la così detta “tv dei ragazzi”. I cani Lessie e Rin Tin Tin, il canguro Skippy, il cavallo Furia e, appunto, il delfino Flipper, finirono così per entrare nell’immaginario di tutti coloro nati nei decenni 60 e 70, ridisegnando il rapporto della società occidentale con gli animali, non solo domestici, soprattutto in virtù del fatto che erano immancabilmente associati a un fanciullo, coprotagonista.
Il bambino, grazie alla sua bontà, sembrava essere l’unico in grado di capirli veramente. Gli animali, se dotati di intelligenza e sensibilità, erano buoni e meritavano il nostro amore.
Ma era vero amore?
Realisticamente no. Perché, se è innegabile che questi prodotti televisivi contribuirono a diffondere un certo amore per gli animali è altrettanto vero che dal punto di vista etologico si limitavano a esaltarne solo le qualità straordinarie, quasi a sottolineare che l’unico motivo veramente valido per amarli fosse stato il sapere che erano in grado di capirci e, soprattutto, di aiutarci.
Gli animali quindi venivano presentati come oggetti “indiretti”, non espressamente pensati per svolgere una funzione qualsiasi, ma amati proprio perché erano in grado di svolgerne una in particolare: quella di farci sentire meno soli.
E la solitudine è uno dei problemi più grandi che prima o poi finisce per affliggere tutti.
Da amici a gadget
Anche per questo i delfini sono diventati “iconici”.
Se per quanto riguarda, cani, gatti, cavalli era infatti possibile immaginare di averci a che fare un giorno, come amici, per quanto riguarda i delfini la fantasia era molto meno realistica. Per avere amico un delfino ci vuole una vasca molto grande. Condannati dalla loro naturale espressione a essere sempre (apparentemente) sorridenti, nella nostra contemporaneità si sono ritagliati quindi un angolo tutto loro nel Phanteon degli animali più amati dalle persone.
Nella maggioranza dei paesi occidentali sono divenuti animali “simbolici” perché, non potendo essere incontrati facilmente, (come invece accade con altri animali iconici) si è soprattutto affermata la loro bellezza e il loro istintivo collegamento con mari aperti incontaminati. Non è un caso quindi che siano diventati anche simbolici gadget. Orecchini, portachiavi, adesivi, e altra oggettistica varia, portano la sinuosa forma del delfino un po’ ovunque e hanno assunto il valore di simbolo di porta fortuna. Insomma, tutto tranne quello che sono realmente: esseri viventi hanno una loro identità, una loro vita e soprattutto dei diritti che vorremmo negargli.
Quindi?
Quindi è chiaro che il cinema e la televisione abbiano contributo a stravolgere ulteriormente l’idea che abbiamo degli animali. Raramente nel bene, molto più spesso nel male. Flipper rappresenta la forma più edulcorata del dominio, quel dominio che da un parte ci spinge ad “amare” gli animali, d’altro a coltivare il desiderio di possederli. Ed è questo desiderio a rafforzare il nostro schizofrenico rapporto con gli animali: averli ad ogni costo. Mangiandoli, imprigionandoli, utilizzandoli e, paradossalmente, imponendogli persino la nostra amicizia.
E alla fine, se Flipper trascorrerà tutta la sua vita in un delfinario, non meglio sorte avranno i leoni e gli elefanti di Nanni Moretti che verranno ricondotti nello zoo.
Flipper era principalmente “interpretato” da una femmina di delfino di nome Kathy. Kathy è morta subito dopo la chiusura della serie tv. Ric O’Barry, che all’epoca era il suo addestratore, afferma che si sia tratto di suicidio. Da quel giorno O’Barry è divenuto uno dei più grandi attivisti per i diritti degli animali.
Francesco Cortonesi
Progetto Vivere Vegan