Il Letimbro, torrente che scorre nel territorio di Savona per poi sfociare nel Mar Ligure, è stato oggetto delle cronache degli ultimi giorni perché il suo letto, quasi completamente prosciugato dalla siccità di questa estate, è diventato il percorso di gruppi di cinghiali che “scendono” in città a procurarsi il cibo. Molti ne hanno paura, altri li guardano con curiosità e altri ancora hanno dato loro da mangiare e proprio questo – sembra – avrebbe causato gli assembramenti di questi animali che, trovando cibo “facile”, sono scesi in gruppo per abbeverarsi e nutrirsi. Le notizie locali ci dicono che nei giorni successivi un gruppo altrettanto nutrito di uomini in marcia ha cercato di allontanarli spaventandoli con la loro presenza e senza metodi cruenti, nella speranza che la situazione torni a equilibrarsi, ovvero cinghiali di là, umani di qua. Così è capitato anche a Genova, dove madre e figlioletti sono stati catturati e liberati sulle alture: qui però il sindaco ha appena firmato un’ordinanza che prevede, in casi estremi, il loro abbattimento.
I cinghiali scendono verso fonti d’acqua e di cibo perché nei boschi a loro disposizione non trovano più da mangiare; basterebbero querce e faggeti per dare a questi animali ghiande e faggiole, loro cibo d’elezione, e la possibilità di nutrire se stessi e la prole, tenendo i boschi puliti in modo naturale (se il cinghiale mangia i frutti/semi di questi alberi ne cresceranno molti meno, assicurando lo sviluppo naturale del bosco); purtroppo a causa della cattiva conservazione degli ambienti naturali da parte dell’uomo si è rotto l’equilibrio che caratterizza lo sviluppo della vita in Natura, e di ciò fanno le spese soprattutto gli animali selvatici. Inoltre, se l’indicazione di «non dare da mangiare» ai cinghiali può essere un accorgimento per salvaguardare la loro stessa incolumità, perché attirarne tanti nelle zone abitate potrebbe invogliare chi non vede l’ora di imbracciare il fucile, noi pensiamo che l’avvicinamento tra uomo e animale, il reciproco aiuto, quando è fatto per rispondere a una spinta empatica e non assassina (spesso i cacciatori si “divertono” a dar da mangiare a piccoli di cinghiale per poi sparare loro meglio a chi ormai si fida di loro all’apertura della caccia), dovrebbe essere una cosa auspicabile, perché ci farebbe vivere con più consapevolezza di ciò che ci circonda e meno rinchiusi nel “classico stile a compartimenti stagni”. Quello stesso che ci fa decidere quando, come e chi incontrare e frequentare: sempre nostri simili e sempre molto uguali a noi, per carità! Come se il bello della vita non stesse anche in quegli incontri fortuiti, in cui un Altro, anche un animale di specie diversa dalla nostra, bussa alla porta con i suoi bisogni, con la sua vita, portando scompiglio e stranezza, e anche l’esperienza senza prezzo di cominciare a guardare la vita da un altro punto di vista e non dal solito, il nostro.
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