di Francesco Fortinguerra, sett 2004
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Sta facendo scalpore il libro “Un’eterna Treblinka”, per il fatto che si accostino le torture dei campi di concentramento nazisti agli allevamenti attuali. Questa e’ un’importante novità culturale che permette di fare una piccola breccia nel muro che divide nella mentalità corrente la sofferenza umana da quella non umana.
Già Marguerite Yourcenaur, celebre scrittrice francese scrisse che se non si fosse accettata l’esistenza dei carri piombati per gli animali, i soldati nazisti non avrebbero accettato di far salire su quei carri degli esseri umani, confermando così che l’insensibilità verso la sofferenza degli animali tende naturalmente a allargare il suo dominio anche verso la sofferenza umana.
Ma vediamo un po’ perche’ gli allevamenti intensivi possono essere definiti un’eterna Treblinka: negli attuali allevamenti industrializzati, miliardi di animali destinati al macello sono costretti a vivere incatenati o chiusi in gabbie sovraffollate, incompatibili con le loro esigenze fisiologiche, privati spesso persino della minima libertà di movimento, impediti nella pratica di istinti affettivi e sessuali, mutilati, sottoposti a costanti terapie antibiotiche ed ormonali (sia per prevenire l’esplosione di epidemie che per velocizzare la loro crescita), ad un’illuminazione ininterrotta che impedisce loro di dormire per aumentare la produzione, nutriti con alimenti inadeguati, chimici e innaturali (fino ai casi delle mucche costrette al cannibalismo), costretti a respirare un’aria satura di anidride carbonica, idrogeno solforato, vapori ammoniacali, polveri varie e povera d’ossigeno.
La morte degli animali allevati e’ preceduta da trasporti lunghi ed estenuanti verso i mattatoi. Stipati nei camion, senza potersi muovere per molte ore e spesso molti giorni, con rare o a volte nessuna sosta per poter bere o mangiare, soffrendo il caldo o le intemperie, arrivano al macello in gravi condizioni di stress, spesso così debilitati da non riuscire nemmeno ad alzarsi. Qui, a causa della rapidita’ delle linee di macellazione (talvolta fino a 400 capi all’ora ognuna) molte volte non sono storditi in maniera corretta e sono quindi coscienti quando viene loro tagliata la gola, quando sono scuoiati, decapitati, squartati, o quando giungono nell’acqua bollente delle vasche di scottatura. Un operaio di un macello americano, nel corso di un’intervista, ha dichiarato che almeno il 15% degli animali muore ogni giorno “pezzo dopo pezzo”, roteando gli occhi e muovendo la testa (alcuni suoi colleghi usano protezioni da hockey per non subire gravi lesioni dagli animali agonizzanti).
Per i suini il momento del macello e’ particolarmente orribile, perche’ il numero delle uccisioni e’ altissimo, anche 1000 animali in una mattinata. In queste situazioni lo stordimento molte volte non viene ben applicato, e quindi gli animali vengono sgozzati, e poi gettati nelle vasche di acqua bollente, ancora coscienti. Infatti, quando se ne esaminano i polmoni, molto spesso si vede che contengono sia sangue che acqua, il che dimostra che gli animali erano ancora vivi e hanno respirato acqua bollente quando sono stati gettati nelle vasche.
L’unica morte davvero indolore renderebbe necessario narcotizzare l’animale, ma questo non e’ possibile, perche’ le sue carni devono poi essere mangiate. Ma anche se esistesse un tipo di macellazione senza sofferenza, e’ chiaro che non sarebbe comunque accettabile, perche’ e’ l’idea stessa di uccidere un animale, come se potessimo disporre della sua vita a nostro piacimento, che e’ totalmente inaccettabile da un punto di vista etico.
Per quanto riguarda i pesci la loro morte e’ ancora peggiore: muoiono asfissiati, in una lenta agonia, muta, perche’ non siamo in grado di sentire i suoni che emettono. A volte arrivano nei banchi delle pescherie ancora vivi a terminare la loro agonia tra il ghiaccio. I crostacei e i molluschi finiscono bolliti vivi!
La vera scelta per salvare animali e’ quella di essere vegan. Cosa e’ il Veganismo? Un gradino oltre il Vegetarismo classico e consiste semplicemente nel cercare di evitare ogni genere di prodotto che implichi morte e sofferenza per gli animali, a partire ovviamente dalla dieta: e dunque niente carne e niente pesce, ma neanche latte, latticini e uova.
Purtroppo mentre e’ facile capire che mangiare carne vuol dire uccidere animali (dopo averli costretti ad una vita di sofferenza negli allevamenti), non sempre e’ chiaro come anche gli altri prodotti animali, latte e uova, implichino DIRETTAMENTE sfruttamento, sofferenza e morte, in quanto oggi la loro produzione comporta sempre un loro pesante sfruttamento; persino nei pochi allevamenti biologici, in cui gli animali riescono a vivere in modo confacente alla loro natura, gli animali restano mezzi di produzione e una volta finito il ciclo non vanno certo in pensione, ma vanno al macello, nelle condizioni sopra descritte.
La base solida e coerente dell’animalismo deve essere l’antispecismo: tutti gli animali hanno uguale diritto alla vita e non possono essere trattati come oggetti, indipendentemente dalla loro specie. E l’unico modo per applicare questo principio in concreto e’ smettere di consumare ogni alimento di origine animale; difficilmente si puo’ parlare di diritti degli animali, se nel frattempo si continua ad alimentare l’industria del loro sfruttamento consumando latte, latticini e uova prodotti nelle moderne Treblinka.