Salve sig. Zucconi.
Sono una lettrice piuttosto assidua del quotidiano da lei diretto.
Sul settimanale Donna, il numero 922 appena uscito, a pagina 77 nella rubrica “Personaggi” c’è un articolo dal titolo “Adam e la sposa vegana”.
Si tratta di un’intervista al regista Saverio Costanzo riguardo al suo ultimo film “Hungry Hearts” in cui Mina, la protagonista, una giovane donna con evidenti problemi mentali, viene definita “vegana stretta”.
La donna, evidentemente disturbata, ossessionata dalla purezza degli alimenti, si ciba soltanto di “avocado, semi oleosi, erbe e radici che coltiva da sé”.
Vorrei che su un quotidiano come il suo, letto da molte persone, si dessero informazioni corrette a tale proposito: il male di Mina si chiama ortoressia e non ha niente a che fare con l’essere vegana.
Io sono vegan per motivi etici, sono molto convinta del valore della mia scelta di vita e vorrei che si facesse chiarezza circa il significato del termine in questione.
La mia alimentazione completamente priva di derivati animali, come quella di tutti i miei familiari e amici vegani che conosco, è equilibrata, quindi del tutto corretta dal punto di vista nutrizionale e ci permette di mantenere una buona salute
Inoltre è una cucina varia, saporita e di grande soddisfazione per il palato.
Quando mi alzo da tavola ho una bellissima sensazione di serenità, dovuta alla consapevolezza che nessuno ha sofferto per il mio pasto.
Chi è vegan sceglie di condurre un’esistenza senza nuocere in alcun modo agli altri esseri senzienti, siano o meno appartenenti alla propria specie: significa avere comportamenti (non soltanto alimentari) che rispettano, nel modo più assoluto, la vita di chiunque.
E’ un modo di vivere non violento, che rifiuta qualsiasi forma di crudeltà, sopraffazione e abuso del più forte sul più debole.
Ha ricadute positive sull’ambiente perché contribuisce a ridurre l’inquinamento e potrebbe essere, se praticato su larga scala, risolutivo per i problemi della fame nel mondo.
Nell’intervista il regista Costanzo, per fare un esempio di “radicalismo”, si riferisce alla scelta dei vegan affermando che “dovrebbero imparare a convivere con chi non la condivide”.
Per esperienza personale (ed è facile capirlo, dato che noi vegan siamo ancora una minoranza) al contrario, mi capita piuttosto di dover giustificare la mia scelta perché esce dagli schemi, è anticonformista e quindi infastidisce, destabilizza.
La scelta dei vegan può, in effetti, mettere gli altri in crisi perché non si adegua, ma contrasta, un sistema economico basato sullo sfruttamento crudele di chi non può ribellarsi, ma solo subire. E si tratta di miliardi di esseri senzienti massacrati ogni giorno.
Mi auguro proprio che si sbagli il sig. Costanzo, quando in conclusione afferma “non ci sarà mai un modo vegano al 100%”, perché in tal caso non sarà un bel futuro per il pianeta e per chi ci vive.
Saluti.
Caterina Servi Scarselli
Progetto Vivere Vegan