Anche oggi, 11 Gennaio 2015, esce sul quotidiano Il Corriere della Sera, nell’inserto “La Lettura”, un articolo intitolato “Gli animali vanno a caccia di diritti“, che riguarda i diritti degli “altri animali”. Lo scrive la docente di Filosofia morale e Bioetica all’Università di Genova Luisella Battaglia, autrice di vari libri sul tema e appartenente al Comitato nazionale per la Bioetica.
Si tratta di un excursus, accompagnato dalle considerazioni dell’autrice, che parte da epoche remote fino ai giorni d’oggi, sul pensiero di famosi filosofi, sociologi, scienziati e politici che si sono succeduti nei secoli, a proposito dei diritti degli animali non umani.
Senza dubbio l’articolo è utile per mettere a conoscenza e far riflettere chi ancora ne avesse bisogno (e sono tanti), circa il fatto che argomentare sul rispetto della vita di tutti gli esseri senzienti non è cosa da anziane zitelle rimbambite, alternativi mistici deliranti, gente cattiva e/o disturbata che “vuol più bene agli animali, che agli uomini”, ma un tema etico di fondamentale importanza che riguarda tutti, col quale ognuno dovrebbe confrontarsi.
Tema sul quale, come sottolinea la Battaglia, non a caso dibattono, da secoli, pensatori di grande levatura; ritenuto determinante al fine di stabilire il nostro livello di civiltà.
Nel proporre la lettura dell’articolo, mi permetto di cogliere l’occasione per fare alcune considerazioni e dare adito ad alcune riflessioni.
Quando si parla di superamento della classica visione antropocentrica mettendola, se ho ben capito, in relazione con la presa di coscienza che la sopravvivenza della nostra specie possa assicurarsi solo di concerto con quella delle altre, mi viene un dubbio: allora questa solidarietà nei confronti di tutto ciò che è vivente è interessata e dunque, ancora una volta, antropocentrata?
Se, come si legge, la maggior parte delle persone (…magari!) ritiene che gli animali siano esseri coscienti, capaci di avere un’ampia gamma di esperienze – dolore, paura, felicità, angoscia – allora essere crudeli verso di loro, ritenersi in diritto di poterli sfruttare a nostro piacimento non deve essere lecito a prescindere da qualsiasi ripercussione ambientale e umanitaria, ma soltanto per loro, per il rispetto che è assolutamente dovuto a loro, come a chiunque.
Da vegan e antispecista non posso fare a meno di notare che l’autrice, pur schierandosi a favore di quei paesi come Svizzera e Germania che hanno riconosciuto una posizione costituzionale agli animali e alla loro dignità di esseri senzienti, inserendoli nelle proprie Carte fondamentali, tralascia di chiarire a quali categorie di animali ci si riferisca. Se davvero volessimo rispettare nel modo più assoluto la vita di tutti questi esseri, allora la categoria “animale da reddito” non dovrebbe esistere, e neanche gli allevamenti di animali sfruttati per la produzione di latte e carne: dovrebbero essere bandite tutte le innumerevoli forme di crudeltà e abuso di questi “soggetti di una vita”, qualsiasi ne sia lo scopo.
Quando ci si riferisce al “corretto trattamento dei non umani” temo che, per determinate categorie, si intenda “sfruttamento delicato e morte indolore” e che questo possa bastare a mettersi la coscienza in pace circa il loro “benessere”.
Significa, ad esempio, che non si pensa certo a liberare definitivamente le scrofe dalle sbarre delle loro strette galere di tortura – nelle quali sono costrette a vivere, partorire e allevare i loro piccoli – perché si riconosce loro il diritto di vivere pienamente e liberamente e godere delle loro esistenza: significa che ci si limita ad allargare un pò le gabbie, perché stiano più “comode”.
In conclusione l’articolo della docente è interessante sul piano teorico, ma limitatamente didascalico: manca di far riflettere sul fatto del tutto pragmatico, ma essenziale, che oggi un sostanziale cambiamento verso il rispetto assoluto della vita di tutti gli esseri senzienti può determinarsi solo se inizia dal basso e in “accordo” con le leggi dell’economia che regolano il nostro pianeta.
La vera differenza possiamo farla soltanto noi, persone comuni, prendendo consapevolezza del vergognoso trattamento che in ogni istante e ovunque riserviamo a miliardi di altri animali, rifiutandoci di sostenere tale sistema e cambiando, di conseguenza, i nostri comportamenti quotidiani.
Smettendo di acquistare e fare uso di derivati animali in ogni ambito della nostra vita e mostrando agli altri che si può fare in qualsiasi momento, basta deciderlo.
Caterina Servi Scarselli per Progetto Vivere Vegan