Una riflessione critica sui cani impiegati in varie mansioni al servizio della nostra specie, partendo dalla storia di Proteus, il cane divenuto suo malgrado “eroe”.
Proteus era un cane “impiegato” per cercare e sottrarre i feriti dalle macerie del recente terremoto avvenuto in Turchia. Ne scrivo al passato perché purtroppo durante una di queste operazioni il suo cuore ha cessato di battere, sembra per l’eccessiva fatica cui era stato sottoposto; infatti, così riportano i media, aveva “lavorato” instancabilmente per due giorni. I media locali e internazionali lo hanno trasformato in un “eroe”, suo malgrado, e gli hanno dedicato anche una statua. Proteus, che in effetti porta il nome di un dio della mitologia greca, veniva dal Messico ed era stato inviato in Turchia insieme ad altri cani allevati ed addestrati a svolgere il “lavoro” di soccorritori di feriti.
Ho messo alcuni termini tra virgolette perché sono termini che mal si addicono ai cani e agli animali in generale. Curioso come nella nostra società specista stiamo sempre a specificare di prestare attenzione a quello che diciamo sugli animali perché è sbagliato antropomorfizzarli – cosicché non si può nemmeno dire che abbiano sentimenti, ricordi, propositi, volontà e intenzioni in quanto agirebbero solo per una sorta di automatismo – eppure non ci facciamo scrupoli ad attribuirgli concetti e termini quando ci fa comodo usarli per i nostri fini.
Il cane come ci fa più comodo
I cani certamente tra tante specie sono forse i più privilegiati in quanto, almeno in occidente, godono dello status di animali da compagnia; status sempre concesso da noi, che da secoli ci arroghiamo il diritto di nominare e attribuire facoltà agli animali in modo del tutto arbitrario a seconda di quello che si vuole dimostrare, così che i cani non sono umani e non si devono far dormire sul letto, ma se ci servono per cercare feriti tra le macerie diventano immediatamente eroi. In ogni caso, mai che li si riconosca semplicemente per quel che dovrebbero essere: soggetti della loro vita.
Comunque, più fortunati di maiali e polli, dicevamo, eppure anche i cani conoscono forme di sfruttamento violente che soffocano le loro inclinazioni per essere piegati a un nostro volere.
Un piccolo elenco, tanto per fare qualche esempio: cani da pastore, cani da caccia, cani antidroga, cani antimine, cani da soccorso in montagna, cani da soccorso in mare, cani da soccorso tra le macerie e poi cani da guida per persone non vedenti, cani per la pet-therapy.
Sono cani di razza frutto di selezioni accurate che hanno esasperato alcune loro caratteristiche, cani che non hanno una famiglia, addestrati sin da piccoli ad eseguire le varie mansioni e che, ad accezione dei momenti in cui vengono “impiegati”, trascorrono il resto della loro vita nei box in attesa di ripartire per la prossima missione.
La narrazione comune è che questi cani comunque si divertano. Eppure sono tanti i casi di cronaca che riferiscono di cani rimasti uccisi durante il “lavoro”, per incidenti, stanchezza o malattie dovute all’esposizione a materiali nocivi.
Tutta la loro esistenza è stata concepita e programmata affinché eseguissero quel determinato lavoro. Un’esistenza quindi funzionale ai nostri interessi, non ai loro, che nemmeno sarebbero dovuti nascere perché venire al mondo in funzione di qualcosa è peggio che non venirci affatto.
Lo specismo, lente deformante che ci fa vedere gli altri animali solo in funzione dei nostri interessi, è figlio dell’antropocentrismo e di quella visione per cui i diritti animali vengono riconosciuti solo se collimano con i nostri o se funzionali ai nostri.
I diritti
Eppure i nostri diritti non dovrebbero mai essere esercitati se come conseguenza portano alla negazione di quelli di altri individui senzienti, altrimenti non sono più tali, ma diventano mero esercizio di sopraffazione.
Se per fare i nostri interessi dobbiamo ledere quelli di altri, allora forse dovremmo rinunciarvi o trovare forme diverse di cooperazione, che sia davvero tale e implichi la reale volontà dei due soggetti, espressa in modo paritario e non frutto di un contesto dove non ci può essere una reale possibilità di scelta.
Così come non si può parlare di diritto al sesso delle persone disabili se questo comporta l’uso dei corpi di altre persone al di fuori di una relazione affettiva e perché si parte da condizioni sociali di esercizio di privilegio economico da una parte che si avvale dello svantaggio economico e sociale dell’altra, o di diritti a comprare un bambino pagando l’utero di una donna che accetta poiché parte da una condizione sociale di svantaggio, allo stesso modo non si dovrebbe parlare di diritti delle persone non vedenti ad avere un cane da guida allevato ed addestrato appositamente per svolgere quella funzione, soprattutto quando ci sono migliaia di cani chiusi nei canili che potrebbero essere adottati e con cui si potrebbe costruire una vera relazione amicale e non di uso.
Esseri sfruttati
I cani allevati per fare qualcosa come tutti gli animali allevati per diventare qualcosa o per darci qualcosa sono individui oppressi e non riconosciuti nella loro piena individualità poiché ridotti a una sola funzione. La trasformazione di un essere senziente in merce e la riduzione della sua complessità esperienziale e cognitiva allo svolgimento di un ruolo predefinito è sempre la negazione radicale della sua singolarità. Diventano esemplari intercambiabili, trasformati in macchine da lavoro (come in passato cavalli e buoi; i cavalli ancora oggi usati come mezzi di trasporto o per divertimento).
Come può il concetto di rispetto andare d’accordo con la trasformazione in macchine o mezzi da lavoro? Non può. Da qui si dovrebbe capire come a volte basti soffermarsi sull’uso a sproposito di alcuni termini – lavoro, impiego, eroe, sacrificio – per riuscire a vedere le cose da un’altra prospettiva.
Così ci accorgeremmo che Proteus non è stato un eroe che ha volontariamente sacrificato la sua vita per salvare quella di alcuni esseri umani, ma solo un individuo sfruttato, addestrato per cercare tra le macerie, la cui esistenza è stata ridotta a quell’unica funzione e che i cani da soccorso, antidroga ecc. non sono cani felici che giocano a salvarci, ma soggetti privati della loro volontà per essere costretti a eseguire la nostra, schiavi al servizio dei nostri interessi nella funzione dell’esercizio dei nostri diritti che evidentemente reputiamo superiori a quelli di qualsiasi altra specie.
In altre parole, anche loro, come i maiali, le mucche, i pesci, i polli, i cavalli sono animali vittime di una narrazione specista che ne giustifica sfruttamento e uccisione.
Se davvero i cani e gli altri animali ci stanno a cuore è necessario compiere questo continuo lavoro di disvelamento delle varie pratiche speciste, anche a partire dal linguaggio e dal significato di alcuni termini, per poter essere sicuri di agire in nome dei loro interessi e non soltanto dei nostri.
Rita Ciatti
Progetto Vivere Vegan