Nella comunicazione legata alle tematiche vegan e alla questione animale sempre più spesso riscontriamo una retorica populista. Analizziamo i vari aspetti.
Una forma di populismo specista sta avanzando nella società, oltre i confini della politica a cui è di solito circoscritto. Guardare al populismo come presenza ormai concreta e radicata nel mondo politico è alquanto normale oggi, ma analizzarlo da altri punti di vista, traslando la sua natura politica per poterlo applicare anche ad altre realtà, diventa una sfida da tentare.
La premessa da fare però, prima di procedere, è quella di chiarire che questo articolo non vuole presentarsi come espressione di idee politiche o sostegno a determinate ideologie di varia natura né rappresenta uno schieramento con particolari partiti politici oggi esistenti.
Quando si parla di populismo bisogna prenderne in considerazione alcune caratteristiche fondamentali, utili al fine di costruire un collegamento con il mondo vegan, lo scopo principale di questo articolo. Sono tre gli aspetti su cui bisogna focalizzarsi maggiormente: l’uso di un linguaggio semplice e diretto, il crescente ruolo della disinformazione e la creazione di un nemico comune.
Un linguaggio semplice: le pubblicità populiste
È diventato ormai impossibile guardare la TV senza incontrare almeno una volta una pubblicità su prodotti animali come carne, uova e latte. Se si analizza però la struttura di una di esse, diventa chiara la matrice populista che esse presentano. Innanzitutto, queste pubblicità mostrano immagini di animali che razzolano contenti su prati verdi, che non rispecchiano minimamente la realtà, creando così l’illusione che essi vivano felici.
È proprio l’illusione che un populista cerca sempre di creare, non solo per ottenere consenso dagli elettori ma per mantenerlo nel tempo. Questo è quello che fanno le industrie della carne, infatti, le quali guadagnano attraverso un trattamento disumano degli animali non umani. In secondo luogo, nella comunicazione, vengono utilizzate frasi dirette e semplici per catturare l’attenzione delle persone che altro non aspettano se non la presentazione di concetti semplificati e facili da comprendere.
Il problema però risiede non tanto nella semplificazione dei concetti, quanto nella diffusione di informazioni sbagliate. Quante volte avete visto una pubblicità affermare che bisogna mangiare la carne per le proteine e bere il latte per le ossa? Questo non ha fatto altro che veicolare non solo convinzioni sbagliate ma soprattutto pretesti a cui appigliarsi per continuare a consumare questi prodotti pur sapendo, anche se in fondo alla coscienza, quanto siano speciste tali abitudini. Pure qui l’arte populista si può facilmente individuare, dato che la gente ricerca ormai solo risposte semplici e comprensibili, usate da chi si trova alla ricerca di voti e consenso.
Inoltre, c’è chi afferma la possibilità dell’esistenza di un nesso tra la retorica populista e il rifiuto alla modernizzazione, al mondo che si evolve e che si apre alla globalizzazione e alle invenzioni di vario tipo. Questo si ritrova in chi rifiuta uno stile di vita vegan, semplicemente perché troppo ancorato a una vita abitudinaria e non aperta a cambiamenti, essendo ciò dovuto alla paura o ad una chiusura mentale. È proprio per questo che i prodotti vegani vengono criticati da molti onnivori.
Disinformazione
Un altro fattore importante da analizzare riguarda la disinformazione. Vari candidati e membri di partiti politici utilizzano la scarsa informazione dei cittadini a loro vantaggio. Di questo si può facilmente incolpare l’industria della carne e dei derivati animali. Il web è pieno di articoli, studi e ricerche che affermano quanto sia salutare consumare carne e derivati, addirittura perché necessari, evidenziando i presunti pericoli di uno stile di vita vegan.
Il problema è però che tanti di questi studi sono ormai obsoleti, non aggiornati o addirittura del tutto errati, ma la gente non si preoccupa di ciò. Molto spesso, infatti, agli utenti basta cliccare sul primo link disponibile senza nemmeno controllare la fonte dell’informazione. Questo genera così un circolo vizioso di trasmissione di informazioni sbagliate che non fanno altro che rafforzare i vecchi dogmi che affermano la necessità di consumare la carne per sopravvivere.
Un nemico comune: i vegani
Tra i pilastri portanti dell’arte populista vi è la creazione di un nemico contro cui puntare il dito, generalmente una minoranza che viene percepita come una minaccia per l’unità nazionale e la cultura del paese. Questo è proprio ciò che accade contro i vegani.
Nel corso degli anni la figura del vegano è stata stigmatizzata, tant’è vero che oggi informare gli altri di aver intrapreso questo stile di vita, genera criticismo e, in certi casi, risentimento. Una spiegazione plausibile potrebbe risiedere nel fatto che, inconsciamente, molti hanno già preso consapevolezza del modo disumano e crudele in cui vengono trattati gli animali, ma non hanno il coraggio di cambiare abitudini o, semplicemente, ammettere a stessi una realtà che gli viene sbattuta nuda e cruda in faccia dai vegani i quali, di conseguenza, vengono criticati negativamente.
È interessante però notare che quando si parla di populismo inserito nel contesto politico si guarda ad una figura, un leader che sa come trattare e parlare al popolo, mentre nel caso analizzato non è possibile individuare una persona nello specifico, ma è la comunità stessa che diventa portatrice di un populismo di massa, che non fa altro che presentarsi come ostacolo a un mondo vegan e libero da idee speciste.
Bisogna ricordare che la forza motrice che alimenta qualsiasi forma di populismo, sia esso politico o specista, risiede negli individui. Paradossalmente, le persone hanno la possibilità di cambiare la situazione attuale o continuare ad alimentarla come fatto fino ad ora. Forse è arrivato il momento giusto per abbandonare uno stile di vita basato sul consenso passivo e diventare parte attiva, non solo della propria vita ma della società in cui si vive.
Serena Gentile
Progetto Vivere Vegan