Essere gentili, praticare la gentilezza, può essere un modo concreto per migliorare la vita sul Pianeta. Impariamo a praticarla, senza dimenticare di rivolgerla verso i più indifesi: gli altri animali.
Il 13 novembre si è festeggiata la Giornata Internazionale della Gentilezza e a Firenze il Comune, nella persona della vicesindaca Alessia Bettini, ha organizzato una tavola rotonda per riflettere su questo tema. Fra gli invitati, per Progetto Vivere Vegan, è intervenuto Roberto Politi che ha dato così voce agli altri animali, una voce antispecista. Il suo intervento si può riassumere con questa frase:
“Gli animali sono quasi sempre esclusi dal nostro “cerchio della gentilezza”. Ci auto convinciamo che sono altro da noi, che possiamo dominarli e sfruttarli senza sensi di colpa. Ma una virtù quale la gentilezza o è universale o perde di significato. Quando è selettiva in funzione della convenienza e di una presunta superiorità, la gentilezza diventa una parola vuota. L’umanità potrà evolversi solo considerando gli altri animali come individui con pari diritto di vivere liberi la loro vita”.
Tre gesti di gentilezza
Quindi, il primo passo che occorre fare, con urgenza, è quello di allargare il nostro “cerchio della gentilezza” e imparare a praticarla non solo verso i nostri più simili, ma anche verso gli altri animali. La gentilezza è un’arte, ci dice Anna Maria Palma, che si crea, si costruisce e si genera.
Allora ho immaginato tre “azioni gentili” per gli altri animali: un nostro primo atto di gentilezza nei loro confronti può essere quello di recarci in un rifugio per incontrare alcuni di loro, i fortunati perché salvati, guardarli negli occhi, percepire la loro voglia di vivere e anche la loro disponibilità nei nostri confronti, apprezzare e meravigliarci di fronte alla loro gentilezza d’animo. Affinché questo primo passo ci aiuti a pensare e a connetterci con quelli invece rinchiusi, annientati, dominati e uccisi.
Il nostro pensiero per questi ultimi può essere il nostro secondo atto di gentilezza. Pensare a loro, gli invisibili, perché volutamente tenuti nascosti, immaginare la loro misera vita, la loro sofferenza, la loro alienazione, connetterci con loro almeno con il pensiero, immedesimarci e provare empatia.
E infine il nostro terzo atto di gentilezza potrà essere quello di rifiutarci di mangiare i loro corpi per far si che mai più esistano luoghi di sfruttamento dove non solo non regna la gentilezza ma dove c’è solo prevaricazione, violenza, morte.
In questi primi 3 gesti di gentilezza nei confronti degli altri animali, c’è tanta sostanza e, se per i primi due non dobbiamo rivoluzionare le nostre vite, nel terzo, che è quello più importante, anche la nostra vita subirà una trasformazione: la gentilezza sarà parte di noi in modo completo e totale.
L’uccisione non è mai gentilezza
Si può essere gentili con alcuni e non esserlo affatto con altri che pure non ci hanno fatto nulla per meritarsi il nostro disprezzo? Se si sceglie di vivere con gentilezza, e ce n’è molto bisogno, questa andrebbe estesa perlomeno a tutti gli individui “gentili” che abitano con noi la Terra. E chi c’è di più gentile degli altri animali che rinchiudiamo e uccidiamo (per mano di altri esseri umani) per la loro carne, il loro latte le loro uova, la loro pelle…? Sono animali che per indole praticano la gentilezza. Che mai farebbero del male ad altri, se non per legittima difesa o esigenze di sopravvivenza. E ne avrebbero di ragione da vendere per ribellarsi quando gli portiamo via i cuccioli appena nati, quando li inseminiamo artificialmente, li rinchiudiamo in spazi angusti ma anche e soprattutto quando li uccidiamo nei macelli o nelle fattorie di campagna.
Può mai essere gentile l’uccisione (anche se non la pratichiamo noi ma di fatto ne siamo i mandanti)? E se anche trattassimo gli animali allevati con ”gentilezza”, cosa impossibile nel processo produttivo sia intensivo che estensivo, anche seguendo le indicazioni ora tanto sfruttate de coisiddetto “benessere animale”, l’atto finale, l’uccisione, non potrà mai definirsi un atto gentile.
Riporto qui le parole di Marco Lodoli, giornalista: sono parole che da quando le ho lette mi sono rimaste dentro, così dirette e incontestabili. “Chi ha assistito in campagna allo scannamento di un maiale non potrà mai più mangiare la sua carne: quegli strilli da bambino, quell’angoscia di fronte all’esecuzione imminente, quei suoi inutili tentativi di resistere, di opporsi puntando le zampe sulla terra, ci sono penetrati nella coscienza esattamente allo stesso modo che le immagini delle guerre e dei bombardamenti, delle sedie elettriche e dei campi di concentramento. Chi ama e rispetta la vita, la ama e la rispetta e la piange in ogni punto e a ogni livello, nel maiale come nell’uomo. Abbiamo tutti lo stesso fragile mondo, non lo imbrattiamo di sangue degli innocenti e con l’indifferenza, approfittiamo di questo scandalo per promettere una volta per tutte amicizia infinita ai nostri fratelli animali. Chi tiene il coltello dalla parte del manico, abbia il coraggio di posarlo per sempre”.
Ecco, il coltello, vorrei aggiungere, lo abbiamo in mano tutti noi quando consumiamo qualsiasi derivato animale, perché siamo i mandanti di un crimine.
Con la richiesta di prodotti di derivazione animale noi non pratichiamo gentilezza, quando compriamo qualcosa che deriva da un animale, noi non pratichiamo la gentilezza. Quando portiamo alla bocca un pezzo di carne, anche se cucinato con “amore”, noi non pratichiamo gentilezza.
La gentilezza verso i selvatici e non solo
Il nostro praticare gentilezza verso gli altri animali vuole anche dire essere accoglienti e rispettosi verso quelli che vivono in libertà, senza considerarli, come quasi sempre avviene, esseri nocivi. Gli animali per loro natura non sono nocivi, fanno parte di un disegno complessivo e Naturale che funziona ed è in armonia. E’ il genere umano che, spesso con azioni avventate, rompe questo equilibrio e crea il caos, del quale poi incolpa gli altri animali.
E allora, se un cinghiale si avvicina a un centro urbanizzato, non prendiamocela con lui, ma proteggiamolo, mettiamo in atto la gentilezza, adoperiamoci al meglio per tutelare la sua vita e non solo la nostra. Solo qualche giorno fa un cinghiale si è spinto in una zona urbana di Genova, fino ad entrare in un condominio e a sdraiarsi su uno zerbino di fronte all’ingresso di un appartamento. Forse, si dice, non stava bene. A maggior ragione, avremmo dovuto accudirlo e poi rimetterlo nel suo habitat naturale (che noi umani rubiamo senza scrupoli), invece è stato ucciso.
E i piccioni che ormai vivono nelle nostre città, invece di considerarli, come spesso avviene, esseri immondi, inutili, eliminabili, adoperiamoci per creare una convivenza in armonia, invece di emettere solo ordinanze di divieto di alimentarli.
Vorrei ricordare anche i topi e i randagi. O ancora gli animali che torturiamo nei laboratori scientifici, quelli rinchiusi negli zoo… Quanti gesti di gentilezza mancata.
Praticare la gentilezza anche come atto politico
Per iniziare a praticare gentilezza si dovrebbe quindi come prima cosa cessare di essere crudeli e si dovrebbe allargare il nostro “cerchio di gentilezza”. Quando esso comprende i più deboli, si è doppiamente gentili anche con noi stessi. Ci facciamo del bene. Miglioriamo la nostra società. La nostra gentilezza verso chi non può difendersi diventa un atto politico, un atto rivoluzionario. Si può essere dei gentili rivoluzionari con piccoli gesti quotidiani, perché lasciamo un segno, portiamo un cambiamento. Una goccia nel mare se si è da soli, ma un grande mare se si è in tanti.
E allora sappiamo che la gentilezza può essere contagiosa. Praticandola, altri capiranno le ragioni dei nostri gesti e la imiteranno. E’ l’unica speranza che abbiamo.
Dora Grieco
Progetto Vivere Vegan