Il legame affettivo tra noi e i cani si chiama attaccamento, proprio come quello con i figli. In base a questo legame, il cane si fida di noi e diventa parte della nostra famiglia. Innato in tutti i mammiferi, pone le basi dell’amore non solo per gli animali da compagnia, ma per tutti gli animali.
La nostra vita con un cane
Da un rapporto del 2019 [1] risulta che nelle case degli italiani vivono più di 60 milioni di animali da compagnia, cifra che è aumentata notevolmente dopo il lockdown del 2020. La preferenza degli italiani va ai cani: più di 7 milioni di cani abitano in circa 6 milioni di famiglie, che rappresentano il 27% del totale. I cani fanno parte a pieno titolo dei nostri nuclei familiari. Passiamo molto tempo insieme, ce ne prendiamo cura, la nostra giornata con loro è fatta di mille scambi comunicativi che pongono le basi di un rapporto affettivo profondo.
Forse non ne siamo del tutto consapevoli, ma dai cani riceviamo, oltre all’affetto, anche delle vere e proprie lezioni di vita, patrimonio del mondo animale. Gli amici animali ci aiutano a rallentare i nostri ritmi frenetici, ci stimolano a fare attività fisica e a passare del tempo all’aria aperta, ci mostrano come sia possibile vivere nel qui ed ora e gioire di quello che abbiamo, piuttosto che pensare a quello che potremmo avere, ci insegnano che vuol dire amare in modo incondizionato, ci ricordano che i dispiaceri esistono, ma durano poco.
Il cane come essere senziente
Imparare dagli altri animali può aiutare noi umani a superare il nostro cronico specismo, ossia la tendenza a credere di essere superiori. In realtà, le intelligenze presenti in Natura non sono ordinabili gerarchicamente (dalla meno alla più evoluta), ma sono diverse qualitativamente, dato che ogni specie si confronta con esigenze e necessità peculiari. Rispetto agli altri animali, noi umani abbiamo puntato sullo sviluppo della neocorteccia (lo strato di neuroni sulla superficie del cervello), che permette il ragionamento logico-astratto. La neocorteccia dei cani è meno sviluppata, ma chiunque viva con un cane non esiterebbe a dire che il nostro amico a quattro zampe pensa e prova delle emozioni [2].
Ognuno saprebbe raccontare di quella volta che ha cercato di nascondere una marachella, un comportamento complesso che dimostra che sa mettersi nei nostri panni e, quindi, prova a influenzare lo stato della nostra mente a proprio vantaggio. Allo stesso modo, non abbiamo dubbi che il nostro cane provi emozioni, sappiamo riconoscere quando è felice, dispiaciuto, sorpreso, spaventato e così via.
Dalla stessa indagine già citata risulta che, per 8 italiani su 10, gli animali da compagnia sono esseri senzienti, che andrebbero inseriti nello stato di famiglia. Le nostre convinzioni sono conseguenza del fatto che tra noi e gli animali si stabilisce un legame profondo.
L’attaccamento: quel legame affettivo che ci unisce
Il rapporto che ci unisce ai nostri cani ha un nome scientifico: si chiama legame di attaccamento ed ha la stessa natura del legame che sentiamo con i nostri figli. Il concetto nasce in ambito etologico per diventare punto cardine della psicologia del dopoguerra, grazie al lavoro di John Bowlby [3] e Mary Ainsworth [4]. L’attaccamento è una predisposizione genetica presente alla nascita, un sistema biologico innato che garantisce la sopravvivenza delle specie grazie allo stabilirsi di un legame affettivo tra il cucciolo e gli adulti che se ne prendono cura.
Nella madre il processo è agevolato dagli ormoni prodotti durante gravidanza, parto e allattamento (come dopamina, ossitocina e oppiacei endogeni), che stimolano un comportamento di accudimento. Il sistema di attaccamento si attiva anche nel cucciolo, che è spinto a ricercare e a mantenere la vicinanza fisica con le figure di riferimento. Veniamo al mondo così indifesi e incapaci che la nostra sopravvivenza dipende dalla prossimità con i genitori, i quali garantiscono il nutrimento e la protezione dai pericoli.
L’attaccamento fornisce una base sicura, cioè un senso di sicurezza, che viene interiorizzato ponendo le basi per la fiducia in se stessi, nell’altro e nel mondo. Solo se si sente al sicuro, il cucciolo può socializzare ed esplorare l’ambiente per imparare e diventare sempre più autonomo ed indipendente. Il legame di attaccamento garantisce la sopravvivenza e permette la crescita.
Una questione di fiducia
La scienza conferma quello che già sappiamo: i cani sono come dei figli, perchè tra di noi si sviluppa un legame di attaccamento analogo a quello genitoriale [5]. Quando vediamo un cucciolo subito si attivano in noi un senso di protezione e di cura, che dureranno per tutta la vita. Infatti, rispetto ai bambini umani che (almeno in teoria) diventano sempre più autonomi, i cani “da compagnia” rimangono dipendenti da noi per il nutrimento e la protezione dai pericoli di un ambiente urbanizzato, che tendenzialmente non è adatto alle loro esigenze.
La dipendenza del cane non deve però farci dimenticare che la fiducia, su cui si basa il legame di attaccamento, ha per sua natura carattere di reciprocità. Il cane ascolta le nostre indicazioni e adatta la sua condotta alla nostra, perchè si fida di noi. E si fida di noi se anche noi ci fidiamo di lui, come dimostriamo tutte le volte che lo portiamo dove può correre libero, sapendo che tornerà non tanto perchè ha fame, ma soprattutto perchè noi siamo una famiglia. La fiducia parla la lingua dell’amore.
Teoria dell’attaccamento e cinofilia: dalla dominanza all’amore
La teoria dell’attaccamento ha influenzato profondamente il mondo della cinofilia. Fino a qualche tempo fa predominava la logica dell’addestramento, basata sui principi del condizionamento e sull’utilizzo dei rinforzi. L’aspetto positivo di queste pratiche è che ci aiutano a dare agli animali delle indicazioni comportamentali chiare e inequivocabili, mentre l’aspetto rischioso è quello di cadere nella logica del capobranco, secondo la quale il “proprietario” del cane deve dimostrare all’animale di essere la figura dominante, l’individuo alfa a cui è bene obbedire.
La teoria dell’attaccamento cambia i termini della questione cinofila, parlando non tanto di addestramento quanto di educazione, come di una forma di relazione basata sulla fiducia e sulla sicurezza emotiva. In una relazione sicura prevalgono le emozioni positive, che consentono la comunicazione, l’apprendimento e, quindi, l’adattamento reciproco. Il cane non obbedisce a noi umani per la gerarchia, per la voglia di un premio o per la paura di una punizione, ma perchè esiste tra di noi un legame affettivo. Se poi si crea un problema di convivenza (motivo per cui di solito si cerca l’aiuto di un educatore cinofilo), abbiamo molte più probabilità di risolverlo se lo attribuiamo non solo all’animale, ma anche alla relazione tra di noi.
Ragionare in termini di qualità del legame di attaccamento chiama in causa noi umani, il nostro stile di vita, le nostre aspettative, le paure, le nevrosi, che gli animali con cui conviviamo fedelmente rispecchiano. La relazione richiede apertura, ascolto, empatia, confronto, reciprocità, tutte qualità che ci mettono in gioco personalmente, stimolandoci a migliorare noi stessi. E vedere il mondo dalla prospettiva dei nostri amici cani è anche il modo migliore per superare i limiti del pensiero specista.
L’attaccamento come legame tra tutti i mammiferi
Se è così ovvio che tra noi e gli animali da compagnia si stabilisce un legame di attaccamento, potremmo rimanere sorpresi nel sapere che l’attaccamento è una predisposizione innata presente in tutti i mammiferi! Le neuroscienze ce lo dicono chiaramente: mentre la neocorteccia è più sviluppata negli umani, condividiamo con i mammiferi il sistema limbico, una parte più interna del cervello, che presiede i comportamenti e le emozioni alla base dell’attaccamento. In altre parole, il legame d’amore che ci unisce a nostro figlio dal primo momento che lo teniamo in braccio ha la stessa natura biologica del legame di cura presente in tutte le più di 5.000 specie di mammiferi della terra.
Questo vuol dire che facciamo un abuso indescrivibile ad ogni mammifero quando lo separiamo dal suo cucciolo, come accade negli allevamenti alle mucche da latte, che continuano a chiamare il piccolo per giorni. Questo vuol dire anche che, se ci dessimo il tempo di stabilire una relazione con un qualsiasi cucciolo di animale, avremmo modo di sentire che si crea tra di noi un legame di attaccamento. E allora sarebbe veramente impossibile mangiarlo, perchè – parafrasando una celebre frase di Bernard Shaw – nessuno mangia i propri amici.
Dallo specismo all’attaccamento: la relazione che cura le ferite del mondo
Il sistema limbico e il legame di attaccamento costituiscono le basi del senso di comunanza che ci rende animali tra gli animali. Mentre la gerarchia insita nel pensiero specista ci separa dalla Natura, la relazione affettiva, che si instaura naturalmente quando vediamo un essere che ha bisogno di cure, ci unisce agli altri animali. E’ più facile sentirci legati al “nostro” cane, perchè viviamo insieme e abbiamo imparato a volerci bene, ma lo stesso legame è inscritto biologicamente dentro di noi e costituisce la base dell’amore che ci unisce a tutti i mammiferi.
Se guardassimo negli occhi un animale, vedremmo gli occhi del nostro amato cane. Se guardassimo veramente negli occhi gli animali, non riusciremmo più a considerarli degli oggetti di cui disporre a nostro piacimento. Se guardassimo profondamente negli occhi gli animali, vedremmo noi stessi. Se guardassimo il mondo con gli occhi degli animali, il mondo sarebbe un posto migliore in cui vivere.
Tiziana Franceschini
Progetto Vivere Vegan
[1] Rapporto Assalco – Zoomark realizzato in collaborazione con Doxa, Iri e i medici veterinari dell’Anmvi, presentato in occasione di Zoomark International 2019.
[2] Mark Bekoff, Nella mente e nel cuore dei cani, Ed. Carocci, 2019.
[3]John Bowlby, Una base sicura, Ed. Raffaello Cortina, 1988.
[4] Mary D.S. Ainsworth, Modelli di attaccamento e sviluppo della personalità, Ed. Raffaello Cortina, 2006.
[5] J.Topàl, A. Miklòsi, V. Csànyi, A. Dòka, Attachment behavior in dogs: a new application of Ainsworth’s Strange Situation test, Journal of Comparative Psychology, 112(3), 219, 1998.