Studi etologici mostrano che il maiale (Sus scrofa L.) è un animale dotato di spiccate capacità cognitive e di quella che comunemente si chiama intelligenza, sia riflessiva che emotiva. Chi è vegan ovviamente non considera questi aspetti come discriminanti tra le specie. E’ però difficile da capire perché nella nostra cultura occidentale chi rispetta e protegge i cani perché esseri evoluti, tratti nel modo più brutale e violento altri animali in tal senso del tutto simili.
I maiali superano a volte gli stessi cani, considerati “i migliori compagni dell’uomo”, in astuzia e intelligenza. Lo dimostrano studi etologici condotti ad Atlanta, in America, alla Emory University da un’equipe di neuroscienziati. La stessa EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, afferma che “i maiali possiedono notevoli doti cognitive”. Essi inoltre sono animali dai forti legami sociali, sanno cooperare e imparare gli uni dagli altri.
Allora, perché li mangiamo?
Il web è ricco di video di maiali ospiti nei santuari che mostrano scene di interazione, anche interspecie, di questi animali: come non fare Pierporco santo subito nel Santuario Capra Libera Tutti di Massimo Manni mentre “subisce” seraficamente le passeggiate e i giochi sul suo dorso degli agnellini compagni di vita libera e serena?
Negli allevamenti
Il maiale viene allevato in vari modi per essere consumato come cibo e questo lo sappiamo. Ciò che forse molti ignorano sono le condizioni terribili in cui viene fatto vivere negli allevamenti: ammassato in capannoni, le scrofe rinchiuse in gabbie strettissime, con i piccoli al di fuori che attraverso la recinzione si attaccano alle mammelle. Nessun elemento naturale, nessuna pozza di acqua e fango dove rinfrescarsi e coprirsene la pelle per proteggerla dalle aggressioni esterne, comportamento tipico di tutte le specie che non hanno pelo, compreso l’uomo quando si spalma di fanghi vari come reminescenza di un altro mondo, un mondo ancora non separato dalla Natura intera.
Indagini sotto copertura di Essere Animali li ha portati a denunciare crudeltà in un allevamento di maiali destinati alla produzione di prosciutto DOP situato in provincia di Verona. I maiali subiscono condizioni di prigionia e violenti maltrattamenti, inaccettabili anche per chi non si fa scrupoli a farsi il classico panino al prosciutto.
Del resto nel linguaggio comune appellare qualcuno con il termine “maiale” è una vera e propria offesa: simbolo di persona sporca, ineducata a stare con gli altri, smodata nell’espressione dei propri bisogni corporali. Non è possibile aspettarsi un maggiore rispetto, e l’associare il maiale alla bassezza corporea, di cui l’uomo si è da sempre vergognato, aiuta la nostra società ad allevare, torturare e uccidere senza scrupoli questo animale.
Come forma “d’arte” o “tecnologica”
Ma il maiale non viene vittimizzato solo nell’industria alimentare: certi tatuatori o artisti come Wim Delvoye, si divertono a “creare opere d’arte” nel tatuare esemplari di questi animali. Niente di più vano e inutile, che mostra come gli umani siano convinti di poter disporre del maiale come meglio crede e per i motivi più sciocchi e vanagloriosi.
Ancora: Elon Musk, l’imprenditore hi-tech statunitense, ha deciso di creare il primo essere vivente con un chip – Neuralink – impiantato nel cervello, in modo da poterne controllare l’attività tramite un computer e ha usato per l’appunto dei maiali per mostrare i suoi risultati al mondo. A parte la triste considerazione di quanti maiali siano morti in seguito a danni cerebrali prima del “cypork” che Musk ha presentato agli spettatori in una sorta di orrido spettacolo umiliante per l’animale, ma coloro che sono sopravvissuti sono stati spogliati della loro dignità, mostrati come pagliacci tecnomoderni del solito carrozzone specista. Poi per cosa? Per rendere gli esseri umani che si faranno mettere il chip più performanti di fronte a Sua Maestà il Computer, nuovo unico vero dio dell’epoca tardo-moderna. Non che ci siano motivi più accettabili per un simile ignobile scempio, m al’obbiettivo futile e folle aggiunge al danno la beffa.
Torniamo in Italia: nell’era della globalizzazione, in cui la gente non sa più neanche parlare la propria lingua, invece di leggere più libri si fa ingannare da parole come “artigianale”, “tipico”, “locale” per sentirsi di nuovo padroni del loro destino. E cosa c’è di più “artigianale”, “tipico” e “locale” del panino con la porchetta? Onnipresente alle fiere di paese, orgoglio dell’italianità… altro che Dante Sommo Poeta! Così a Roma hanno esposto una statua per celebrare il “gioiello” del nostro paese: la porchetta. Una rappresentazione fedele, realizzata in scala al vero.
E qui il colpo di genio dell’ALF – Animal Liberation Front, che semplicemente ha aggiunto quel particolare che restituisce la statua alla sua verità, quella verità che le pance piene e le gole golose del nostro paese e del mondo intero non vogliono vedere: una vernice rosso sangue sparsa sopra che ci ricorda che quel corpo tagliato a fette, quel volto senza vita, un tempo era un essere vivente che è stato barbaramente ucciso. Un tempo era vivo. Ed era degno di vivere per sé stesso, come lo siamo noi umani.
Francesca Decandia
Progetto Vivere Vegan